Al di là della reazione emotiva dei mercati finanziari, su tutti i versanti possibili, dire oggi quali conseguenze economiche avrà davvero la Brexit non si può. Se si vuole essere seri, infatti, bisogna prendere atto di due elementi.
Primo: i tempi di uscita sono medio-lunghi, quindi sufficienti ai riallineamenti che il mercato, inteso in senso lato, sa fare autonomamente. E, in altri casi, con l'aiuto delle istituzioni, internazionali e nazionali.
Secondo: la rinegoziazione delle relazioni fra la Gran Bretagna, la stessa Ue e i singoli Paesi membri ci sarà, ma è tutta da scrivere. Con annessi vantaggi e svantaggi del l'esito di qualsiasi trattativa. Ogni "verità" economico-finanziaria rivelata oggi, dunque, è destinata a essere solo propaganda, quindi strumentale alle ragioni del sì o del no che si vogliono sostenere.
La Brexit, invece, produce già un lascito politico molto chiaro nelle sue diverse articolazioni, che vale la pena sfogliare punto per punto. Uno: questa Unione Europea non funziona, è distante dalle reali esigenze dei cittadini, ne complica maledettamente la vita anche con una sovrapproduzione normativa di cui non si avverte alcuna necessità. Basta prendere un caffè al bar per sentire i liguri - ma lo stesso sarà nel resto d'Italia - promuovere a pieni voti l'incazzatura dei britannici. I quali, peraltro, godevano di una sorta di "statuto speciale". Se erano furenti loro, figurarsi gli altri.
Due: la botta per Bruxelles e Strasburgo è durissima. Può essere un'occasione per rinserrare le fila se la politica europea saprà rapidamente rimettersi in linea con il sentimento popolare e le urgenze dei cittadini, altrimenti la Brexit sarà solo l'inizio di una valanga che finirà per travolgere la costruzione comunitaria. Perché altri Paesi saranno tentati dalla fuga. Una riflessione dovrà farla prima di tutti la Germania, che finora ha piegato l'Ue ai propri interessi, imponendo un'austerità pagata a duro prezzo dai più deboli - sia come Stati, sia come fasce sociali - per lucrare ogni sorta di vantaggio, compreso quello di flessibilizzare le regole a proprio favore. Ai tedeschi è stato concesso ciò che agli altri loro stessi negano.
Tre: utilizzare certi temi a fini di politica interna è un errore madornale. Il premier inglese Cameron ha voluto il referendum non per rafforzare l'Ue, non per rafforzare la Gran Bretagna, non per rafforzare il suo partito, il Conservatore, ma per rafforzare la propria leadership. Si è giocato la scommessa e l'ha persa. Farà bene a rifletterci Matteo Renzi, che una partita analoga ha deciso di inventarsela sul referendum costituzionale d'autunno. Fino a qualche mese fa sembrava dovesse vincerla a mani basse, poi sono arrivate le amministrative e ha scoperto che gli italiani sono molto più arrabbiati di quanto immaginasse. E ora il fronte del "no" è addirittura dato in vantaggio. Il che significherebbe rispedirlo a casa, essendo ciò che lo stesso premier ha detto di voler fare se uscirà battuto.
Quattro: i padri costituenti ci avevano visto lungo quando decisero che su certe materie economico-finanziarie e di politica estera non fosse possibile andare a referendum. Questa parte della nostra Carta non verrà modificata, quindi una consultazione sull'adesione italiana all'Ue continua a essere incostituzionale, quindi impossibile. Ma gli italiani, e lo dicono tutte le stesse forze politiche, sono scontenti dell'Europa: la mancanza di un voto non cancella l'esistenza del problema.
Cinque: quando presero la loro decisione, i padri costituenti non potevano immaginare che la politica e i politici si sarebbero così squalificati agli occhi dei cittadini. Misuravano la statura dei successori sul loro metro, quindi a giusta ragione ritenevano che la casalinga di Voghera non potesse, tecnicamente e politicamente, valutare la portata di certe scelte. Le cose, però, sono andate molto diversamente.
Conclusione: la politica è deteriorata, i governi inseguono il facile consenso di breve termine e avventurosamente fanno annunci che poi finiscono nel nulla. Il tutto declina aspettative deluse e un accentuarsi dei problemi quotidiani resi più pesanti dalla crisi. La cosiddetta gente è incazzata nera e appena può da' il segnale forte del proprio malessere e della propria sfiducia. Il no all'Europa dei britannici, così, è diventato il no di tutti gli altri che vivono problemi persino peggiori. E che sono stanchi di sentirsi presi in giro. Oltre alla Brexit, il recente esito dei ballottaggi a Torino e Roma, e pure a Savona, è la plastica dimostrazione di ciò. Ancora non basta?
politica
Brexit e ballottaggi segnali forti, il cittadino è stanco e si ribella
UE e politiche nazionali distanti dalle vere emergenze
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