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Continuano le purghe di massa: in un mese messi i sigilli a 130 giornali, tv e radio
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Il governo turco ha varato un decreto per rilasciare circa 38 mila detenuti. Secondo i media si tratta di un'operazione per svuotare le carceri del paese e fare spazio alle circa 35 mila persone arrestate nelle indagini sul tentato colpo di stato dello scorso 15 luglio.

Il ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, ha spiegato in un tweet che non si tratta di un'amnistia ma di un rilascio condizionato. La misura esclude i detenuti colpevoli di omicidio, violenza domestica, abusi sessuali o reati contro lo Stato.

E continua la purga di massa ordinata dal presidente Erdogan: oggi sono stati perquisiti gli uffici di 44 società e aziende a Istanbul e sono stati emessi ordini di arresto contro 120 manager. Un'altra vittima delle purghe è stato il giornale filo-curdo 'Ozgur Gundem' accusato di "propaganda terroristica" in quanto "organo mediatico" del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan, fuorilegge).

In un mese sono stati messi i sigilli a 130 giornali, televisioni e radio. 'Ozgur Gundum' è un'altra tappa dell'imbavagliamento di qualsiasi dissidenza e critica. Tanto più pesante visto che i curdi stanno sconfiggendo l'Isis in Iraq e in Siria e pochi giorni fa qui hanno liberato la città di Manbij. Stamane la preoccupazione del ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu era quella di ricordare alla comunità internazionale, e agli Usa in particolare, che ora i curdi da quella città devono andare via. Lo stesso Cavusoglu della questione ha probabilmente parlato al telefono nel pomeriggio con il segretario di stato americano John Kerry. Andava riproposta la richiesta di estradizione di Gulem - hanno spiegato il media legati al palazzo - e andava preparato il terreno alla visita del 25 luglio del vicepresidente Joe Biden. Visita che già di per sé, secondo Ankara, costituisce un segnale positivo in relazione alla richiesta di estradizione dell'ex imam.

La procura turca ha chiesto una condanna di due ergastoli e 1900 anni di carcere per Fetullah Gulen, l'ex imam considerato ispiratore del fallito golpe che dal 1999 vive in esilio volontario negli Stati Uniti. Secondo le accuse della procura di Usak, Gulen ha "cercato di distruggere l'ordine costituzionale con la forza" e ha "formato e guidato un gruppo terrorista armato".

In 2.500 pagine messe agli atti dal tribunale gli si addebita anche il trasferimento negli Usa, attraverso società di comodo, di denaro ricavato da donazioni e da raccolte di beneficenza 'pilotate'. L'ex imam ha sempre negato qualunque coinvolgimento nel fallito golpe, ma la procura gli ha contestato anche di aver "infiltrato" le istituzioni e i servizi di informazione della Turchia. Il tutto attraverso una rete capillare di scuole private, fondazioni, società assicurative, aziende, giornali e televisioni organizzata proprio per prendere il controllo del Paese. "Un virus", secondo Erdogan, che avrebbe potuto intaccare l'integrità dello Stato.