La sanità pubblica della Liguria è arrivata alla svolta: o riesce a salvarsi e a garantire l’assistenza di qualità a tutti gli abitanti, costa e vallate, o crolla con conseguenze irreparabili. Nei prossimi mesi toccherà alla giunta del governatore Toti e all’assessore alla Salute, Viale, fare le scelte. Operazione difficile e delicata, ma ormai non più rinviabile. Le liste d’attesa aumentano e crescono ancora le fughe dei liguri che scelgono di farsi curare in Lombardia o in basso Piemonte.
La svolta non può che prevedere un importante intervento privato perché il pubblico, da solo, non ce la farà mai più. Non si tratta di una scelta ideologica: prima con la sinistra tutto pubblico, ora con il centrodestra mano libera ai capitalisti. O di una scelta egoisticamente economica: il privato per i ricchi e il pubblico per chi non ha soldi per pagare. Il confine è molto più sottile: l’intervento dei privati consentirebbe al pubblico di mantenere il controllo su quella fetta di servizi sanitari che solo il pubblico può e deve fare. Cioè le attività di pronto soccorso e quelle di medicina sul territorio con il funzionamento al meglio di un numero più limitato di grandi strutture ospedaliere generaliste.
I privati (magari in partnership col pubblico) dovrebbero entrare per sviluppare al massimo alcune specialità, anche con la ricerca che oggi è indispensabile a far affluire interessi economici. Per esempio ortopedia, cardiochirurgia, neurochirurgia, urologia, oculistica. Alcuni centri di altissima qualità specialistici consentirebbero agli ospedali di reggersi economicamente, liberandosi di troppe incombenze. Fare tutto e tutto bene è umanamente impossibile.
Dove debbono nascere questi centri ospedalieri privati e logicamente accreditati e controllati dal pubblico dove va chiunque a spese del servizio sanitario? A Genova in due luoghi: l’ex Erzelli tra Iit e Liguria Digitale e a Quarto nell’ex ospedale psichiatrico. Nel resto della Liguria sono già state individuate.
Il privato entra anche nella diagnostica per immagini affiancandosi al pubblico e garantendo gli esami tutti i giorni, sabato e domenica compresi, e con orari anche notturni.
Questa non è fantascienza perché si fa regolarmente in altre regioni, dalla Lombardia al Veneto, dalla Toscana all’Emilia dove governano sia il centro destra che il centro sinistra.
Interessante anche la proposta di équipe specialistiche viaggianti che possano intervenire in sedi ospedaliere diverse. Questo perché non è più concepibile che in ogni luogo di ci sia tutto, soprattutto in un territorio con pochi abitanti, ma spalmato su una lunga striscia spesso difficile da percorrersi.
Il privato deve intervenire in un regime assolutamente controllato dal pubblico, con tutte le necessarie garanzie di assistenza ugualitaria. Per salvaguardare il concetto ispiratore della buona sanità italiana alla quale tutti, senza discriminazione, devono poter accedere.
Tutto questo si regge se vengono fatte scelte spesso dolorose con il taglio di ospedali inutili, con l’eliminazione di doppioni e tripploni consentiti nel passato da gestioni troppo generosamente politiche e partendo da un serio esame dei bisogni della popolazione. Molti anziani, aumento pauroso delle cronicità, esistenza di ospedali centenari e ingestibili. Veri monumenti archeologici.
La prima scelta riguarda il futuro dell’ospedale Galliera e di quello sognato troppo a lungo del Ponente o di Vallata. La domanda a cui si dovrà rispondere è: a chi servirà il nuovo Galliera dove è oggi? Alla popolazione del centro-centro storico? Non è forse un target limitato? Si farà l’ospedale del Ponente o è una idea cancellata? È ancora ragionevole anche finanziariamente pensare a uno spostamento del Galliera a ponente? Se dovesse sorgere una struttura privata specialistica a Erzelli resta l’ospedale di Sampierdarena o no?
Solo l’analisi realistica dei bisogni potrà dare le risposte giuste. Ma i tempi ormai sono strettissimi.
salute e medicina
Senza i privati è impossibile salvare gli ospedali pubblici
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