curiosità

Quattro sale, fino al 14 maggio
1 minuto e 39 secondi di lettura
Apre, fino al 14 maggio, il museo etnostorico della stregoneria a Triora, comune conosciuto come paese delle streghe per un processo alle donne del borgo, per una carestia, che sulla fine del 1500 fece molte morti innocenti. Quattro le sale ad oggi realizzate, che raccontano "saperi e punti di riferimento di un mondo emarginato e perseguitato nell'Occidente medievale e moderno - spiega il consigliere comunale Cristian Alberti - giunto a noi con una pesante stratificazione di stereotipi".

Con la prima sala, si conoscono gli strumenti del 'pensiero magico', con la collezione esoterica Pio Breddo. Nella seconda si materializzano, in forme artistiche, le immagini di "Dee, spiriti e creature femminili" presenti nel pantheon delle accusate. Nella terza fragranze erboristiche illustrano le competenze fitoterapiche delle "dominae herbarum". Nella quarta c'è l'invenzione della strega diabolica e il processo di Triora con una voce narrante che ricorda le torture per estorcere confessioni. "Qui, testi antichi di esperti demonologi attestano la premeditazione nel colpire i devianti", dice Alberti.

Triora è considerato il paese delle streghe per la tragica storia del borgo che tra il 1585 e il 1587 subì una grave carestia, a cui si attribuì la colpa alle streghe. Iniziò uno dei più feroci processi alle streghe in Italia. Il Parlamento locale, in accordo con il Consiglio degli Anziani e il benestare del Podestà, stanziò 500 scudi per il processo, creando un proprio tribunale dell'inquisizione locale. Tredici donne provenienti dalla zona più povera del paese, furono arrestate e rinchiuse in case private trasformate in prigioni.

Accusate di aver provocato la carestia, di contatti con il Demonio e di cannibalismo su bambini del luogo, nel corso del processo, che coinvolse anche un ragazzino, furono sottoposte a violente torture, costrette a confessare crimini e a fare i nomi dei complici con nomi anche di 'matrone'. Processo e persecuzioni durarono alcuni anni, poi Doge, vescovo e inquisizione ordinarono la fine del processo il 23 aprile del 1589 dopo molte morti innocenti.