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I sindacati, Alitalia, Amt Genova e la lungimiranza dei Costituenti
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Se i sindacati avessero bocciato in partenza il piano per il presunto salvataggio di Alitalia nessuno avrebbe detto che stavano intercettando e rappresentando il malumore diffuso dei lavoratori. Macché, sarebbe stato un coro di rimproveri per i soliti sindacalisti signori del no e anche un po' gufi, come piaceva definirli all'ex premier Matteo Renzi quando si mettevano di traverso alle sue "pensate".

Cgil, Cisl e Uil, invece, quel piano lo avevano approvato, ma sono incappati nella sconfessione dei lavoratori, che al referendum interno sul tema hanno votato no in larghissima maggioranza (il 90 per cento circa) perché, potendo decidere, nessuno approva accordi che prevedono licenziamenti e tagli delle retribuzioni fino a quasi un terzo. Così ecco un po' tutti gridare al fatto che i sindacati sono in piena crisi di rappresentanza e non sanno più interpretare il volere dei loro iscritti. O, comunque, delle categorie che dovrebbero difendere.

Tutta questa storia, riguardo il ruolo dei sindacati, in realtà si può liquidare ricorrendo a un efficace francesismo: cazzate! Nessuno tiene in debito conto, infatti, che qualche sigla sindacale di base ha fatto campagna per il no all'accordo giocando sulla menzogna che intanto poi il governo avrebbe nazionalizzato la compagnia aerea. Ha ragione Andrea Orlando, ministro e aspirante segretario del Pd, quando dice che la vicenda è maledettamente complicata, perché c'è l'aggravante di 20.000 dipendenti, considerando l'indotto, "dietro i quali c'è una famiglia".

Dunque la pratica non può essere archiviata tra i fallimenti ordinari di un'azienda. Neppure, però, esiste lo spazio per un'operazione - la ristatalizzazione - che è impedita da tutti i dati economici e finanziari del Paese, oltre che da una serie di normative del nostro essere membri a pieno titolo dell'Unione europea.

Il che ci porta a certi dibattiti di questi mesi e di questi anni a proposito dei pareggi di bilancio, dell'euro e di una Ue a dir poco matrigna. C'è anche del vero, in certe affermazioni di alcune forze politiche anti-sistema, ma il caso Alitalia è lì a dimostrare quanto i nostri Padri Costituenti siano stati lungimiranti quando hanno stabilito che determinati argomenti di politica economica, di bilancio e di politica estera (vedasi i trattati) non possono essere sottoposti a referendum.

Salvini, Grillo e Giorgia Meloni strepitino pure
, ma ve l'immaginate quale caos ulteriore sarebbe l'Italia oggi se cominciassimo a votare su tutto ciò che solletica il malpancismo dell'elettorato, adeguatamente stuzzicato dal populismo becero di alcune forze? Senza ricorrere a esempi fuori confine (la Brexit), basta guardare al caso Alitalia di queste ore.

A proposito del quale, oltretutto, la politica fa un indegno esercizio di rimozione delle proprie responsabilità. Che, invece, sono gravissime, ricordando la pletora di manager incapaci nominati ai vertici della compagnia aerea. Oppure riandando a operazioni tipo quella dei "capitani coraggiosi", un gruppetto di imprenditori a suo tempo chiamati da Berlusconi al capezzale di Alitalia. C'era anche la famiglia ligure degli Orsero, che si fece dare i soldi da Carige per metterli nel serbatoio del vettore tricolore, salvo trattenerne una parte per le proprie necessità. E c'erano tanti altri bei nomi dell'industria nazionale, scappati poi via nel peggiore dei modi.

Insomma, intorno ad Alitalia si sono consumate moltissime delle peggiori performance politiche nostrane, un po' come avvenuto a Genova sull'Amt, altro campione - stavolta su scala cittadina - del mondo dei trasporti. Da sempre si accusano i dipendenti dell'azienda, in particolare gli autisti, di essere depositari di privilegi anacronistici. Rispetto ad altri lavoratori stanno certamente meglio (però il lavoro che fanno è magari più usurante, vogliamo riconoscerlo?), ma questa non può essere considerata una colpa.

Una categoria ha il diritto di chiedere, la responsabilità è in capo a chi concede se le concessioni contrattuali sono sballate. E peggio c'è da sentirsi se le medesime concessioni vengono fatte da un management non all'altezza della situazione, espressione di una politica che vede nell'Amt, come in altre aziende pubbliche, principalmente un contenitore di consensi elettorali. La domanda resta sempre una: certe cose si fanno perché sono quelle giuste o si fanno solo per ottenere dei voti? I nostri padri costituenti si diedero anche la risposta...