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L'assessore: "Paghe inaccettabili, i soldi vanno spesi meglio"
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C'è la segretaria generale del Teatro Stabile, diplomata in ragioneria, che prende 80mila euro all'anno. La responsabile amministrativa quasi 82mila. A Palazzo Ducale la responsabile dell'ufficio stampa ne guadagna 81mila, mentre il capo del personale si "accontenta" di 71mila. Stipendi (lordi) che si avvicinano e a volte superano quelli del sindaco stesso. Per non parlare di direttori e sovrintendenti vari, che arrivano anche a 150mila.

Smaltita la sbornia dei Rolli Days il Comune di Genova impugna la scure e prepara i maxi tagli ai 'Paperoni' della cultura. In testa alla crociata c'è Elisa Serafini, giovane assessore alla cultura, pronta a varare la 'rivoluzione thatcheriana' col tacito appoggio del sindaco Bucci. L'intenzione di livellare gli emolumenti è già stata presentata nei cda di alcuni enti partecipati da Tursi. Inutile dire che i diretti interessati non l'hanno presa bene.

"Le amministrazioni precedenti hanno sostenuto politiche di assunzione forse un po' troppo elastiche, e oggi ci ritroviamo ad avere dirigenti che guadagnano oltre 150mila euro in enti partecipati che costano alle istituzioni pubbliche, e quindi ai cittadini, milioni di euro - attacca l'assessore - Fossimo nel privato non ci sarebbe nulla da dire, ma mi chiedo se sia accettabile che una persona impiegata nel settore pubblico prenda più del sindaco di Genova. Non stiamo parlando di professioni artistiche, ma di ragioneria e amministrazione".

Serafini confessa di aver trovato "ostilità" nei rispettivi cda. Più d'uno le ha fatto notare che la qualità ha i suoi costi e che i risultati stanno ripagando. Ma l'aut-aut di Tursi appare chiaro: senza Regione e Comune le fondazioni non stanno in piedi, e se i tagli hanno colpito tutti i settori, ora si adegui anche la cultura. Anche perché, mentre calano le spese per le produzioni, salgono quelle per pagare i vertici del personale. Il Carlo Felice, ad esempio, nel 2015 ha ridotto i noleggi di materiali teatrali da 482 a 394mila euro, mentre i compensi del sovrintendente e dei revisori sono passati da 150 a quasi 217mila euro.

"La cultura ha bisogno di sostegno ma non di assistenzialismo - prosegue Serafini - Più utile e giusto sarebbe investire sui contenti e sull'accessibilità. Molte strutture non permettono l'accesso ai disabili e molte opere giacciono in cantine o soffitte". Il sasso, insomma, è stato lanciato. E le polemiche si preannunciano feroci. Come, del resto, è successo finora quando la logica è stata quella del 'costo zero': dalla candida ignoranza del presidente Luca Bizzarri (che non prende un euro) alla gogna social per la svista dei 'Rolly Days' (il marketing ha bisogno dei suoi anglicismi). Che però hanno fatto il botto...