Qui, nella chiesa di San Torpete, nel gioiello genovese di piazza San Giorgio, niente di tutto questo: non si manifesta niente. Chiesa chiusa. Sono salvi solo i riti domenicali. Ma quest'anno né Natale, né Capodanno, né l'Epifania, cadono di domenica.
Il parroco, don Paolo Farinella, lo ha annunciato e scritto proprio il giorno della Vigilia sulle colonne dell'edizione ligure di “Repubblica”, con cui collabora da anni. “Perchè rinuncio a celebrare la messa il giorno di Natale” _ è il titolo del lungo articolo che motiva la scelta “rivoluzionaria” di questo sacerdote, non certo alla prima performance clamorosa nell'esercizio della sua funzione di pastore delle anime ed anche di rispettabile studioso della Bibbia e di “fiancheggiatore” politico di molte iniziative, nell'arco di un impegno che non è certo solo quello ecclesiastico.
Il “negazionista di Natale” spiega dolente, e anche un po' incavolato, che da quando celebra la messa ( e sono 46 anni) è convinto che il Natale vada abolito. In realtà si spinge più in là, negando non solo Natale, ma anche tutta l'azione della Chiesa di oggi. “La mia posizione è più drastica: chiudere le chiese per dieci anni (minimo) - scrive anche - e pensare se sia possibile una rifondazione del Cristianesimo a bocce ferme, ridefinendo la natura della Chiesa e i ministeri, indipendentemente dal sesso, dal genere e dalle condizioni accessorie.”
Farinella, noto polemista, che scrive anche su Micromega, e partecipa volentieri a campagne elettorali politiche, accusa il declino della chiesa, continuo e inarrestabile e sceglie, fior da fiore, un esempio ligure: quello della diocesi di Albenga, dove il vescovo emerito Mario Oliveri, rovesciò lo spirito santo dell' episcopato del suo predecessore, Alessandro Piazza, grande esegeta del Concilio Vaticano II, spingendo la sua chiesa verso un conservatorismo ossessivo, conservatore, maniacale e comico.
Che la periferica, anche se dirompente, disputa di Albenga sia assunta a simbolo del declino della Chiesa a Genova, in Liguria, nel mondo, sembra un po' paradossale, se poi si arriva da essa a innescare oggi la negazione del Natale, diventato - secondo l'inarrestabile Farinella - “una favoletta da presepe, una ninna nanna con zampogne, supporto di un'economia capitalistica e consumista......”
Sempre secondo l'audace e scatenato parroco di san Torpete nel nostro Natale l'unico assente pure superfluo è proprio Gesù, perchè Natale è tutto meno che “il memoriale dell'incarnazione del Figlio di Dio.”
Una posizione così estrema, totale, negazionista, corollario dell'idea di chiudere la chiesa per dieci anni (minimo), susciterà sicuramente reazioni e anche un po' di scandalo, che forse è proprio quello che Farinella vuole, essendo stato la ricerca della provocazione il filo della sua vocazione sacerdotale.
Come se, nello specifico, la natura consumistica, edonistica, superficiale, perfino qualche volta blasfema della celebrazione del Natale non fosse mai stata scoperchiata. Come se il Natale non fosse celebrato e vissuto anche senza ninne nanne e zampogne, ma pure con lo spirito di quella reincarnazione sulla quale si fonda non solo la liturgia della chiesa, ma anche l'approfondimento di chi ha studiato Gesù da tante posizioni, anche molto più laiche se non atee.
Si vada a leggere, Farinella, l'ultimo libro del laicissimo filosofo Massimo Cacciari sulla venuta al mondo del Figlio di Dio. E magari mediti sui settemila poveri che il giorno di Natale trovano, nelle chiese aperte, quelle sì a Genova, cibo e non solo, là dove lui vorrebbe chiudere tutto per dieci anni (minimo).
Ma forse si sbaglia a sottolineare questo negazionismo genovese del Natale, pubblicato su Repubblica, a ricordarlo e spiegarlo a chi non se ne è accorto, a raccontare dell'ultimo gesto di don Paolo Farinella. Parlandone si fa un piacere a lui, che probabilmente da sempre cerca questo. pubblicità per se stesso, la sua ninna nanna, la sua zampogna.
IL COMMENTO
La Genova che si spegne e quella che si accende
Come si controllano le acque superficiali in Liguria