politica

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Nel 1960 Bruno Martino, al Covo di Nord Est cantava languidamente una canzone che divenne un tormentone.
S’intitolava “Estate” e cominciava così:
“Estate/il sole che ogni giorno ci scaldava/che splendidi tramonti dipingeva/adesso brucia solo con furore/.
Poi l’angosciante ritornello:
“Odio l’estate…..”

Da lunedì, dal giro nervoso di consultazioni da un furiosissimo presidente Mattarella con tutte le ragioni del mondo, “Estate” potrà diventare il tormentone dei partiti italiani, ma soprattutto dei candidati che dovranno ritornare a chiedere voti e preferenze a un popolo che “brucia solo di furore” contro una politica e tanti politici che ci hanno preso in giro.


Che nessuno tra i leader sapesse che cosa vuol dire andare al voto con una legge elettorale proporzionale?
Vuol dire che essendo impossibile che un Paese tripolare abbia un vincitore bisogna che i partiti/movimenti si rassegnino a fare degli accordi, che non c’è bisogno che siano alleanze d’amore e di consensi.


Aldo Moro di cui in questi giorni si riparla e si straparla dopo anni di silenzio, per fortuna, capì e spiegò che una democrazia non poteva andare avanti escludendo dalle decisioni oltre 30 per cento di cittadini elettori che votavano per il Pci. Così la Dc, che del Pci era stata sempre la fiera antagonista, si preparò al compromesso storico. Ahimé fallì.
Detto questo la tornata elettorale di luglio vedrà i candidati cercare voti sulla spiagge italiche, tra coccobelli e chiappechiare.


Ma prima si dovrà passare una selezione spietata.
Se il cda dei Cinquestelle ha deciso che si ricandideranno gli stessi che si sono presentati il 4 marzo, non potrà accadere lo stesso per gli altri. Forse sì per la Lega che ha vinto, ma Forza Italia e Pd, demoliti dal voto e indicati dai sondaggi come in continua perdita, non potranno più avere la faccia tosta di ripresentare gli stessi catafalchi, con le spalle cariche di legislature, fuori dalla contemporaneità, consunti e logori.


Dovranno cogliere l’occasione drammatica del luglio alle urne per fare piazza pulita delle cariatidi e realizzare quella naturale rottamazione che non hanno fatto prima di marzo, andando felici verso il suicidio politico.
Ci sarà poco tempo e anche a Genova e in territorio ligure il lavoro dovrà essere spietato e concreto.


I pochi che andranno a votare non avranno piacere di rivedere le stesse facce che hanno preso la batosta. Cercheranno nomi freschi, di candidati presentabili perché hanno macinato chilometri sul territorio, probabilmente di sindaci giovani, gagliardi, poco compromessi con le manfrine delle segreterie.
Solo così potranno sperare di non crollare definitivamente. Ma ci vuole molta intelligenza e altrettanta umiltà, doti rare tra i politici.