cronaca

Avvicinavano i parenti del morto e indirizzavano di volta in volta da chi andare
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 C'è anche un finanziere del nucleo di polizia tributaria di Genova indagato nell'inchiesta su un giro di mazzette ai necrofori dell'obitorio dell'ospedale San Martino di Genova da parte di titolari di pompe funebri per 'accaparrarsi' le salme. Tre necrofori e tre agenti di pompe funebri sono indagati per corruzione. Mentre il brigadiere capo è accusato di accesso abusivo a sistema informatico.

Secondo l'accusa avrebbe preso, tramite accesso al sistema Serpico che custodisce dati delle persone indagate, informazioni su un titolare di agenzia funebre e le avrebbe girate a un suo amico anche lui del settore. Il particolare emerge dall'avviso di conclusione indagini inviato nelle scorse settimane dal pubblico ministero Massimo Terrile ai legali degli indagati (gli avvocati Paolo Costa, Pietro Bogliolo, Riccardo Savi, Paolo Scovazzi, Irene Russo, Francesco Saia, Marco Marino e Patrizia Cecconi).

Gli addetti alle camere mortuarie dell'ospedale San Martino avrebbero ricevuto mazzette dalle imprese private e in cambio avrebbero indirizzato i parenti dei defunti da loro. L'inchiesta era nata dopo l'esposto di Franco Rossetti, legale rappresentante dell'Azienda di servizi funebri del comune di Genova. Il prezzo per ogni 'soffiata' andava dai 50 ai 100 euro a decesso. Rossetti aveva segnalato agli inquirenti che la 'concorrenza sleale' sarebbe andata avanti almeno dal 2010 come segnalato dai dipendenti Asef. Nell'ultimo anno, però, gli episodi sarebbero aumentati, e gli abboccamenti sarebbero diventati sempre più insistenti.

Per gli inquirenti il meccanismo sarebbe stato ben collaudato: l'addetto alla camera mortuaria, saputo del decesso di un paziente o dell'arrivo di una salma all'obitorio, contattava il referente dell'agenzia funebre privata per avvisarlo. Poi, avvicinava i parenti del morto e indirizzava di volta in volta da chi andare. A volte, all'uscita delle camere si faceva trovare già un dipendente delle pompe funebri in altri casi veniva chiamato. Tutto questo, secondo gli investigatori, in cambio di una tangente e in violazione della legge che prevede invece che i necrofori possano solo indicare, ai parenti dei defunti, l'elenco delle agenzie appeso in bacheca.