Sua Eminenza il cardinale arcivescovo di Genova, presidente della Conferenza Episcopale europea, Angelo Bagnasco, compie oggi 77 anni, un'età che giustificherebbe già il suo pensionamento, congelato con una lettera di “prorogatio” da papa Francesco e che, comunque, induce un bilancio del suo importante mandato nella Chiesa di Roma e, ovviamente, di Genova. Bagnasco è un genovese, il primo espresso dalla città dopo Siri, perchè Canestri, Bertone e Tettamanzi non erano certo nati sotto la Lanterna. Indossa la porpora cardinalizia, che gli fu imposta poco dopo la sua investura genovese nel 2007 e resterà probabilmente nella storia per essere stato l'ultimo cardinale insediato a Genova.
Gli attuali indirizzi del Vaticano, sotto Francesco e forse anche dopo, portano a escludere la nomina nel Sacro Collegio per i vescovi di molte città che si fregiavano di questa insegna. Non è cardinale il patriarca di Venezia, che lo era sempre stato. Non è cardinale l'arcivescovo, pure lui patriarca, di Palermo. Lo è straordinariamente Zuppi a Bologna. Non lo sarà, quindi molto probabilmente, il successore di Bagnasco, quando verrà il suo turno e Genova si rassegnerà, dopo secoli interi, a non avere ilsuo arcivescovo nel conclave del futuro.
Bagnasco passerà alla storia anche per essere stato per dieci anni consecutivi il presidente della Cei, un ruolo chiave nella chiesa, successore di un cardinale potentissmo nei rapporti tra Chiesa e politica come Camillo Ruini, ancora alla ribalta oggi, al punto da avere fatto notizia poco tempo fa per un suo endorsment a Matteo Salvini. Il cardinale di Genova ha retto quel ruolo con impegno e fatica in momenti chiave sia per lo Stato che per la Chiesa, quando cambiava lo scenario del nostro sistema politico e quando al Supremo Soglio arrivava dopo il teologo Ratzinger-Benedetto XVI, un papa come Francesco-Bergoglio, che tra i suoi primi passi aveva anche modificato il ruolo e l'assetto della Conferenza dei vescovi.
Dopo qualche iniziale difficoltà il rapporto tra Bergoglio e Bagnasco è stato molto affettuoso: non era facile, proprio per l'eredità che l'arcivescovo di Genova portava con sè, come capo dei vescovi. Da presidente della Cei Bagnasco è stato prudente, ma anche fermo, per esempio nel riaffermare su uno scenario più internazionale con forza le radici culturali dell'Europa, piantate nel cristianesimo cattolico e minacciate dalla secolarizzazione e dalle rivoluzioni religiose, dalle grandi tensioni con l'Islam e le sue frange più estreme.
A Genova Bagnasco è stato un pastore molto diverso dal dirompente salesiano Bertone, forse meno caldo e sopratutto molto provato dall'incarico alla Cei, che lo dirottava ogni settimana su Roma. In fondo la pienezza del suo ruolo questo pastore, nato nei caruggi genovesi, vice parroco a Santa Teresina del Gesù, prima del decollo della sua carriera vescovile a Pesaro, poi come Ordinario Militare, l' ha manifestata quando ha lasciato la Cei e si è immerso nella sua Diocesi che aveva bisogno del suo impegno totale.
Qualcuno lo ha accusato di seguire un po' troppo la falsariga del cardinale principe Giuseppe Siri, sopratutto nel formalismo esteriore degli abiti e delle insegne, ma semmai quell'esempio alto di Siri era stato più seguito nel partecipare alla vita anche temporale della città, stando sulle barricate delle crescenti difficoltà, nei momenti più dolenti. Si ricordano le sue parole forti dopo la morte dei poveri marinai caduti nel crollo della Torre Piloti. Si ricordano la sua vicinanza alle fabbriche in crisi, alle grandi difficoltà della città, fino al dramma del Morandi e a come la sua Chiesa si era schierata, anche con atteggiamenti duri, a fianco dei parenti delle vittime, a tutti quelli che hanno sofferto e soffrono per quella immane tragedia.
Nel Te Deum di fine anno, lo scorso 31 dicembre nella Chiesa del Gesù, Bagnasco è stato severo, allarmato sullo stato del mondo, sulla condizione dell'uomo, ma anche ottimista per il bilancio della sua diocesi e per la città e il suo spirito di “apparteenza” nel reagire alla tragedia del Morandi. Ha parlato “di una Chiesa che offre Dio a un mondo che reagisce alla sua solitudine in modo“sguaiato”. Ha citato “la grande debolezza dell'Occidente che ha perso Gesù , in una modernità che ha perso l'orizzonte del futuro”.
Nel bilancio di fine anno non ci sono stati cenni al futuro personale del cardinale, che siede sulla cattedra di san Lorenzo da tredici anni. Poteva essere l'ultimo Te Deum del suo mandato, uno dei più lunghi nell'era moderna, dopo i 40 anni di Siri. La lettera del papa non dice quando finirà la prorogatio di Bagnasco. Molti pensano che l'addio coinciderà con la fine dell'incarico europeo. Altri osservatori pensano che il cardinale potrebbe essere sollevato appena Francesco avrà trovato un degno successore. Certo il futuro pastore di Genova non diventerà cardinale. E, quando Bagnasco si ritirerà in una piccola casa per preti anziani, sulle alture dietro la stazione di Brignole, Genova avrà almeno un “cardinale emerito”, che veglierà sulla sua Chiesa, ancora in piena salute e lucidità.
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I 77 anni del cardinale Bagnasco: Genova, la Cei e una successione senza porpora
Forse l'ultimo cardinale insediato a Genova
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