Secondo l'articolo 1221 del Codice Civile, è nullo qualsiasi patto che escluda o limiti la responsabilità in caso di dolo o colpa. Sarebbe questo l'argomento su cui il premier, l'avvocato (non dimentichiamolo) Giuseppe Conte, sarebbe pronto a fare leva per limitare o azzerare le pretese di Autostrade per la revoca delle concessioni dopo la tragedia del ponte Morandi di Genova.
E in effetti appare almeno anomalo che la società concessionaria della famiglia Benetton sia ultra blindata da un contratto che a suo tempo risulta essere stato concepito per tutelare i diritti del privato molto più e meglio di quelli pubblici. Chi peraltro è contrario al drastico provvedimento (invocato da subito dal Movimento 5 Stelle), ovvero "Italia Morta" di Matteo Renzi e una parte del Pd, non tiene conto di un altro elemento: la blindatura della concessione, pur assurda per come è stata concepita, dovrebbe comunque valere in condizioni normali, cioè se il governo di turno decidesse di recedere senza ragioni di forza.
Non si vede, però, come si possano considerare normali le condizioni create da 43 vittime e decine di feriti, da un crollo causato da incuria che secondo la magistratura è dolosa, da pratiche di controllo sulla sicurezza che sarebbero state taroccate, dalla mancata realizzazione di opere per la corretta manutenzione delle gallerie e per il loro adeguamento nei tempi previsti alle nuove normative europee. Sorvolando, si fa per dire, sui contraccolpi economici abbattutisi su Genova e la Liguria intera.
Ad onta di ogni ragionamento "peloso" sulla revoca delle concessioni e sul maldestro tentativo di Autostrade di comprarsi la prosecuzione dei contratti con la riduzione dei pedaggi, una "paghetta" vergognosa per la dignità dei liguri e degli italiani tutti, ci sono quindi le condizioni politiche per un provvedimento radicale, che anzi avrebbe solo il torto di arrivare fin troppo in ritardo.
Dovrebbe farsene una ragione anche quella parte di Pd che ancora, invece, si dichiara dubbioso, se non addirittura contrario. Se ci siano secondi fini a motivare tale atteggiamento non ci è noto, ma il rischio è che i dem facciano sulle concessioni autostradali ciò che hanno combinato sulla plastica in Emilia.
Là il loro candidato, l'uscente Bonaccini, ha pregato il partito e il governo di evitare una tassa (solo rinviata all'autunno) che avrebbe arrecato un danno gravissimo al settore, florido e importante in quella regione che va al voto il prossimo 26 gennaio. Qui, in Liguria, il candidato che sarà, del centrosinistra a trazione Pd o, come riferito da Sciortino su questo stesso sito (LEGGI QUI), di una coalizione fra Pd e 5 Stelle, dovrebbe chiedere di non incaponirsi su un no alla revoca che avrebbe effetti devastanti sul voto per le regionali della primavera prossima. Un no, peraltro, che di fatto impedirebbe l'alleanza con i grillini, unico passaggio che sembra poter rendere aperta la sfida alla conferma di Giovanni Toti come governatore.
Nessuno o quasi, infatti, ricorderebbe che anche la Lega di Matteo Salvini non è così favorevole alla revoca delle concessioni ad Autostrade. La campagna elettorale del centrodestra, infatti, farebbe soprattutto leva sul buon lavoro indiscutibilmente fatto dai due commissari del dopo tragedia Morandi, cioè il sindaco di Genova Marco Bucci e lo stesso Toti. Ignorando pure che questo buon lavoro è stato comunque possibile grazie al sostegno concreto del governo, prima quello gialloverde e poi quello giallorosso. Dunque, per una volta, le buone ragioni politiche ed elettorali coincidono con quelle di merito nell'affermare che le concessioni autostradali vanno revocate. Bisogna solo che in Parlamento se ne rendano definitivamente conto.
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Non-revoca concessioni autostradali, in Liguria incrocio pericoloso col voto
Le buone ragioni politiche ed elettorali coincidono con quelle di merito
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