L'effetto del Coronavirus rischia di travolgere anche l'economia del mare: sebbene i porti italiani stiano regolarmente funzionando (rallentati dalle norme introdotte per proteggere i lavoratori) per il sistema armatoriale la situazione è gravissima e rischia di avere conseguenze anche sulla stabilità futura delle imprese.
Per questo il presidente di Assarmatori, Stefano Messina, ha chiesto al Governo (ma anche a diversi presidenti di Regione, tra cui il ligure Giovanni Toti) di estendere lo "stato di calamità naturale ed eventi eccezionali" anche alle aziende dell'armamento nazionale.
Il provvedimento, contemplato dal comma 2, lettera b, dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea ("sono compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali") è già stato applicato al settore aeronautico. Sebbene i trasporti di merce per via marittima non siano stati vietati, infatti, il settore soffre una recessione gravissima.
In prima linea ci sono le compagnie di navigazione specializzate nel trasporto di persone: i primi che potrebbero pagare duramente gli effetti del Coronavirus sono gli armatori che gestiscono i traghetti, in particolare quelli da e per le isole. In Italia queste aziende chiudono i loro bilanci grazie alla commercializzazione dei biglietti e attraverso gli accordi con le Regioni: questi ultimi servono a coprire il trasporto nella sua concezione di 'servizio pubblico', così da assicurare collegamenti regolari anche durante il periodo di bassa stagione. I proventi 'pubblici', però, rappresentano solo una parte del fatturato complessivo, reso poi profittevole dall'attività dell'alta stagione, quando i traghetti viaggiano carichi di turisti verso le destinazioni balneari. Se le restrizioni dovessero continuare anche nella tarda primavera o addiruttura in estate, complice anche la reazione psicologica dei turisti di tutto il mondo, le compagnie dei traghetti potrebbero trovarsi in ginocchio entro pochi mesi.
"Senza interventi compensativi in tempi brevi è a rischio la sopravvivenza stessa delle aziende di navigazione italiane operanti sul cabotaggio, le Autostrade del Mare e nei collegamenti con le isole - scrive Stefano Messina - l’effetto combinato della caduta verticale, attuale e prospettica, dei traffici e quindi dei ricavi con il doveroso mantenimento dei servizi, sta facendo scivolare tutte le compagnie del settore verso il punto di non ritorno. E da queste compagnie non si può pretendere a lungo che l'onere di garanzia dei servizi sia sostenuto senza un adeguato aiuto dello Stato”.
Un altro comparto in grave sofferenza è quello delle crociere: le grandi compagnie, come Msc o Costa, hanno sfruttato il 'rally' positivo di questi ultimi anni per promuovere poderosi investimenti che si sono tradotti nel potenziamento delle loro flotte. Per quanto queste società abbiano tradizionalmente le spalle larghe, dunque, lo stop prolungato della loro attività (ormai sospesa in tutto il mondo) rischia di tradursi in un tracollo finanziario: gli armatori riusciranno a tenere fede ai loro progetti di espansione? Potranno rimborsare il sistema finanziario che in questi anni li ha incondizionatamente appoggiati? Qualora ciò non fosse possibile la loro crisi sarebbe gravissima e si allargherebbe agli istituti di credito e ai cantieri navali, che hanno già in portafoglio importanti commesse che potrebbero saltare.
Ma anche chi si occupa puramente di trasporto merci è adesso fortemente preoccupato: molti porti a livello internazionale sono chiusi, così come le aziende di mezzo mondo hanno chiuso i battenti. La situazione italiana, poi, è aggravata dallo sviluppo del virus sul territorio nazionale che ha spinto molti Paesi a impostare restrizioni specifiche per gli equipaggi italiani e per gli armatori che battono la nostra bandiera.
"Il lavoro dei funzionari del ministero dei Trasporti - spiega Messina a Primocanale - è stato eccellente, soprattutto per rispondere alle nostre sollecitazioni di tipo operativo" (LEGGI QUI) ma è evidente che la situazione adesso vada risolta a un livello politico più alto, per evitare che un settore che dà lavoro a migliaia di persone venga distrutto dalla più grave crisi economica del dopoguerra.
porti e logistica
Coronavirus, armatori italiani verso il "punto di non ritorno"
Assarmatori scrive al Governo: "Stato di calamità naturale"
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