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Il portiere eroe di Anfield, intervenuto a "Derby in Terrazza", ritiene che il mondo del pallone debba risanarsi economicamente
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"La cosa più importante è che ripartano prima le aziende e poi il sistema calcio". Così Simone Braglia, portiere del più bel Genoa del dopoguerra e oggi consulente finanziario, intervenuto a “Derby in terrazza”.
"Non credo - dice - che il campionato possa ripartire: che calcio sarebbe? Senza tifosi sugli spalti non è il massimo: sarebbe meglio smettere. Credo che l’unica soluzione in questo momento sia questa: l’azienda calcio deve darsi una regolata. Tra pochi giorni c’è un importante passaggio che interessa l’azienda calcio è il rating del debito pubblico italiano che se dovesse essere valutato come spazzatura ci saranno gravi problemi anche per i club. L’azienda calcio, come tutte le aziende, deve stare attenta a non andare in default".


L'analisi di Braglia è anche mirata sull'eccessiva presenza di stranieri tra le squadre di vertice: "Se contiamo le prime cinque squadre in campionato, che sono anche quelle che incassano più soldi dai diritti tv, devo fare una precisazione. Ammettiamo che sia un numero di 30 giocatori per squadra: sono in totale 150. Su questa cifra, gli italiani sono appena 20: la maggior parte, quando smetterà di giocare, andrà via con le proprie disponibilità finanziarie e impoverirà il nostro Paese".
"La crisi - argomenta - può essere un’opportunità per risanare le società. Si deve tornare a puntare sui settori giovanili che sono stati il valore in passato del sistema calcio. Per risanare i club, si dovranno vendere i pezzi più pregiati: sarà un calcio più povero, ma non importa».
In ultimo, Braglia ricorda un aneddoto di quando giocava nel Genoa: "Ho fatto mangiare a Francesca Mantovani un pezzo di torta rossoblù".