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Il medico sociale blucerchiato, a suo tempo contagiato dal Covid-19, non esclude "situazioni estreme come scioperi o dimissioni di massa"
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La ripartenza del calcio sembra la storia dei conti senza l'oste: l'emergenza sanitaria è tuttora in corso ma i vertici del pallone parlano apertamente di ripartenza, sia pure a spalti vuoti e con protocolli di sicurezza tanto cervellotici quanto velleitaril. Così i medici sportivi si ribellano e tra le voci che si levano c'è quella, particolarmente significativa, di Amedeo Baldari, il medico sociale della Sampdoria che ai primi di marzo aveva contratto il Coronavirus, insieme con otto giocatori blucerchiati, riuscendo a guarire dopo una lotta né scontata né breve con la malattia. 


"Prima di arrivare a situazioni estreme come scioperi o dimissioni di massa chiediamo di essere ascoltati" dice Baldari al Corriere della sera, che dedica un lungo articolo alle rimostranze dei medici sportivi, con l'eloquente titolo  'Vogliamo garanzie così non si può ripartire'.

I medici chiedono certezze sul protocollo e sulle responsabilità in caso di positivi, che ricadrebbero sui capi sanitari delle società. Così i medici sociali della serie A hanno deciso di inviare una lettera alla Federcalcio sia alla Lega di Milano: "Vogliamo essere tutelati e rappresentati". La decisione è stata presa dopo una lunga discussione nella chat whatsapp che riunisce tutti i medici soclali della massima serie. I problemi da chiarire sono essenzialmente due: l’incertezza sul protocollo, che non è ancora definitivo, e le responsabilità civili e penali nel caso si riscontrassero casi di positività tra i giocatori durante il ritiro.