"Ce la faremo". Infermieri e medici eroi. Il rianimatore che ammette, "chi arriva da noi quasi ma ne esce". Polmonite interstiziale. Le radiografie con le striature. L'olfatto, la febbre, il gel. Le distanze.
Dieci marzo 2020: il giorno dopo l'annuncio del premier Conte inizia l'esperienza più allucinante e che mai avrei immaginato di vivere da cittadino e da cronista.
Altre lacrime nella città azzerata. L'assenza delle persone, e pure dei colleghi, molti in smartworking come gli impiegati, assurdo. Il microfono allungato con un calzascarpe. La fine della vita di tanti anziani, un'intera generazione a cui è negato l'ultimo salute e con loro un po' finisce sotto terra anche il nostro mestiere.
Ci sono storie dietro ogni mascherina: la figlia che vede la mamma portata via dall'ambulanza e poi non vedrà neanche la bara perchè ostaggio della quarantena. File di bare sotto la tettotia della Socrem. I video inviati dalle pompe funebri per alleviare lo strazio di figli che hanno perso i cari senza un saluto. L'anziano milanese nella stazione fantasma di Cavi, "peggio della guerra, almeno li il nemico lo vedevi". Il pensionato di Chiavari che sa che in caso di scelta lui sarà scartato. Prima i giovani.
In giro solo rider, in bicicletta, in scooter, rari taxi, autostrade deserte, i canti sui terrazzi, le tombole condominiali, solo ambulanze, carabinieri, poliziotti, le autocertificazioni, posti di blocco nell'area di servizi di Sant'Ilario, la donna arrivata in auto da Venezia e soino a Rapallo in un'autostrada deserta.
La nuotatrice che per allenarsi all'alba viene multata a Vernazzola mentre sta per tuffarsi in mare. La donna incinta sanzionata perché uscita dal Gaslini si isola in spiaggia per svelare in modo romantico al compagno il sesso del figlio che ha in grembo. Tutto irreale, assurdo, angosciante, un interminabile incubo che ha sospeso le nostre vite, niente amici, abbracci, niente calcetto, birra e pizza, nuoto, palestra, un incubo durato un anno e non ancora finito e con un'unica luce: i vaccini.
IL COMMENTO
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