"Questa giornata serve a ricordarci che è morta tanta gente ma continua ancora a morire e che tutti possiamo e dobbiamo fare la nostra piccola parte. E' stato un anno faticoso per tutti ma dobbiamo fare un ultimo sforzo". Così la dottoressa Emanuela Barisione, direttore della pneumologia interventistica del Policlinico San Martino di Genova, in prima linea nella pandemia ricorda a Primocanale cosa significa per lei la prima giornata nazionale in ricordo delle vittime da Covid-19.
"Forse è un segno del destino" così invece la dottoressa commenta la coincidenza che vede essere il 18 marzo da una parte la giornata in ricordo delle vittime ma anche il giorno nel quale si attende la valutazione dell'Ema sulla sicurezza del vaccino Astrazeneca.
Il volto della Barisione si fa più serio, prende fiato e ammette la sofferenza di aver visto in questo anno cambiare l'atteggiamento generale delle persone nei confronti dei sanitari: "Abbiamo dovuto inseguire una situazione e siamo passati da eroi come eravamo in origine a dei malgestori in certe situazioni e questo mi dispiace molto - sottolinea - ci sono tante polemiche sterili che non portano a nulla invece questo 18 marzo secondo me dovrebbe riportarci a riflettere sul fatto che l'obiettivo comune di tutti è quello di cercare di salvare più vite possibili perché ancora oggi viaggiamo fra 350 e 400 morti".
Proprio nelle ultime ore era arrivato il benestare di Oslo alla candidatura di medici e infermieri italiani per il premio Nobel per la Pace. La candidatura è stata avanzata dalla Fondazione Gorbachev perchè "il personale sanitario italiano è stato il primo nel mondo occidentale a dover affrontare una gravissima emergenza sanitaria, nella quale ha ricorso ai possibili rimedi di medicina di guerra combattendo in trincea per salvare vite e spesso perdendo la loro".
Oggi la situazione della Liguria è diversa da quella di altre regioni confinanti ma questo non deve far abbassare la guardia: "La Liguria fortunatamente è stabile, di calma piatta per cui i numeri sono abbastanza tranquilli ma tutto il resto d'Italia invece no - spiega - noi non dobbiamo sentirci lombardi, campani, siciliani ma italiani e dobbiamo fare muro e lavorare tutti insieme, mi piacerebbe che non si abbassasse la guardia su questo punto perché tutti noi stiamo facendo grande fatica, compresi i cittadini che non operano nel campo sanitario, ma forse questo ultimo sforzo ci permetterà di fare in modo che questo possa essere solo un ricordo ma per fare questo tutti dobbiamo lavorare insieme nella stessa direzione ognuno può fare e deve fare la sua piccolissima parte".
La dottoressa poi ha raccontato un aneddoto di quando in queste ultime settimane è stata invitata in alcune scuole per raccontare la pandemia: "Ai ragazzi ho detto che aiutare una persona intubata in terapia intensiva significa mettersi la mascherina e rispettare le regole, questa giornata serve a non farci abituare a questa situazione perché questa non può essere la normalità".
salute e medicina
Giornata vittime Covid, la pneumologa in prima linea: "Siamo passati da eroi a malgestori e fa male"
Ai ragazzi dico aiutare chi è intubato significa anche tenere la mascherina
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