La storia della Liguria è una storia di alternanza politica. In particolare, la fase post riforma regionalista è stata contrassegnata da governi con maggioranze politiche alternate. E’ un elemento quasi mai analizzato, che, invece, costituisce un dato da interpretare attentamente per capire lo scenario ligure. Le politiche regionali necessitano di sguardi che comunichino il senso di una prospettiva di lungo periodo.
La nostra regione non ha potuto avvantaggiarsi di questa visione strategica, anche perché compressa (e quindi limitata) da questa alternanza. Sarebbe interessante analizzarne le ragioni. Una di queste – a mio avviso la più significativa, perché politica – è stata l’incapacità di trasmettere ai liguri un disegno sul futuro, in grado di renderli protagonisti del cambiamento. Un progetto che parlasse di loro, interpretando autenticamente le qualità della nostra terra. La Liguria regione di mare e di relazioni; pragmatica e asciutta; democratica e laboriosa; moderna e aperta al Nord Ovest. Questo disegno si è strutturato con più chiarezza nel corso del governo di Claudio Burlando, che mi piace definire “un interprete orgogliosamente autentico dell’essere ligure”.
Il senso dell’azione della Regione in questi cinque anni muove dalla convinzione che abbiamo le potenzialità di una regione forte, non per i numeri o l’estensione territoriale, ma per la collocazione strategica, le tradizioni del lavoro e della produzione, il legame con il mare e la straordinaria apertura che esso ci offre. Alle città – come la mia – ha chiesto di pensare insieme il loro ruolo in una Liguria unita. Anche le tante risorse che sono arrivate sono il frutto non di bisogni dal fiato corto, ma di una strategia per rafforzare la funzione della Spezia a servizio della Liguria e dell’Italia. Quando rifletto sul degrado civile e democratico che sta vivendo il nostro Paese, penso che da qui sia già partito uno straordinario scatto di reni. Da noi può prendere le mosse una grande riscossa civica e democratica che passa attraverso il recupero di autorevolezza della politica e delle istituzioni. Sono queste la ragioni che possono convincere i liguri a invertire la loro vocazione all’alternanza, per dare un’opportunità di pieno dispiegamento di forza a questo disegno di trasformazione economico, sociale e culturale.
Questo “scossone” alla Liguria ha già dato un primo risultato evidente: siamo cresciuti in termini di Pil nel 2007 , insieme all’Umbria, più di tutte le altre regioni italiane. E’ un dato significativo, se pensiamo alla crisi che ha attraversato, negli anni Novanta, il nostro territorio. E può costituire un vantaggio di margine in questo tempo di crisi internazionale che -come confermano i dati – colpisce al cuore anche la nostra occupazione. Una ragione di più per ammodernare le basi produttive ed essere pronti alla ripresa. Investire sull’economia reale riconvertendo i presidi storici e aprendo il nostro sistema all’eccellenza, alla conoscenza e alle tecnologie. Tutto ciò deve farci riflettere.
Mentre la destra dice di aver scelto, ma in realtà non ne appare convinta e comunica questa incertezza, proprio perché non riesce ad afferrare il bisogno di futuro che serve alla Liguria, noi abbiamo deciso senza indugi la continuità. Ciò che serve sono dieci anni per favorire un cambiamento profondo e duraturo. Il congresso del PD indicherà coordinate più chiare sulla funzione che il maggior partito del centrosinistra intenderà svolgere nell’ambito della coalizione. Più forte e “ a vocazione maggioritaria” sarà il baricentro del centrosinistra , più saldo e riformista ne sarà il profilo.
In Liguria possiamo dar vita ad una ampia alleanza per il cambiamento che, partendo dalle attuali forze di governo, si allarghi al centro e a Di Pietro. Un grande schieramento capace di rappresentare un vasto spettro di culture, sensibilità sociali, interessi che renda il nostro territorio più coeso e unito in un momento di forte crisi economica. Una coalizione che interpreti i bisogni di vasti settori della società e sappia essere vettore di trasformazione ed emancipazione. Insieme, questo nuovo centrosinistra della Liguria potrà costituire una prova generale per dar vita ad una nuova offerta politica che abbia la concreta possibilità di candidarsi al governo del Paese.
Dalla nostra Regione può davvero partire una nuova stagione di cambiamento per l’Italia, la generosità di un impegno che guarda e lascia tracce oltre il presente, per ricercare il bene comune.
*Assessore al Comune della Spezia e dirigente Pd
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