Che il senatore Musso nel Pdl ormai ci stia come i “cavoli a merenda” è sotto l’occhio di tutti. Lui stesso in più occasioni non ha mancato di sottolineare la distanza da certi meccanismi di partito, ma soprattutto la difficoltà ad accettare di adeguarsi al “pensiero unico” che fino a poco tempo fa portava chi non si voleva allineare a essere considerato una sorta di mosca bianca.
Ora che Fini ha lanciato la rivolta interna, specie sul tema della cosiddetta questione morale, e che le varie correnti stanno prendendo sempre più campo, Musso non è più l’unico a prendere le distanze da quelle situazioni che non ritiene in linea con il suo pensiero. La sensazione, però, è che proprio come Fini aspetti solo di essere cacciato. Chi, come lui, si è espresso contro la legge sul legittimo impedimento, contro il ddl sulle intercettazioni telefoniche, contro la nomina a ministro di Brancher, esponendosi apertamente contro Berlusconi, perché rimane ancora nel Pdl?
Lui risponde di sentirsi comunque uno di “destra” e di riconoscere ancora dei meriti a quel partito di ispirazione liberale di cui fa parte. Ma forse non più negli uomini che lo compongono, viste le parole pronunciate su Berlusconi nell’intervista che ci ha rilasciato sulla sua ambizione, un giorno, a salire sul Colle. Meglio di no – dice Musso – non ne sarebbe all’altezza perché incapace di rappresentare tutti gli italiani, lui abituato a dividerli.
Ecco perché, provocazione dopo provocazione, sembra proprio che Musso non aspetti altro che qualcuno nel Pdl lo cacci, per portare avanti il suo progetto di una nuova formazione politica con il movimento Oltremare in piena autonomia. Proprio come non aspettava altro che da più parti arrivassero critiche alla sua ricandidatura a sindaco, per avere un alibi a farsi indietro.
IL COMMENTO
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