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GENOVA - "Bisogna andare avanti tenacemente senza preoccuparsi più di tanto di quanto succede ai vertici di porto e Regione, perché l'attività amministrativa non si basa solo sulla politica ma anche sulla burocrazia, sui funzionari, a cui molto è stato delegato dalle leggi dello Stato, e che devono continuare, senza alibi, a fare il loro lavoro. Come Confindustria seguiremo passo passo perché non ci siano alibi e rallentamenti sulle grandi opere".

Lo ha detto Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e special advisor Confindustria su Autonomia strategica europea, Piano Mattei, Competitività, parlando a margine dell'incontro nella sede di Confindustria Genova su "Nuove infrastrutture per nuovi servizi di mobilità. Riflessioni a valle del rapporto Oti Nord 2023", a proposito della maxi inchiesta in Liguria.

Non solo inchiesta: tra i temi caldi in Liguria c'è sempre quello dell'ex Ilva, di cui ha parlato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso annunciando un quarto pretendente. "Prima ci sono due nodi strutturali da risolvere: l'assegnazione delle quote gratuite di emissione di Co2 e le percentuali di idrogeno per far funzionare gli impianti Dri - dichiara Gozzi -. Sono entrambi nodi europei, senza la soluzione dei quali secondo me il piano industriale non si può fare. Saranno gli elementi che chiunque dovrà affrontare nel momento in cui decidesse di fare un investimento sull'Ilva di Taranto".

"Il primo nodo - spiega Gozzi - è che bisogna sapere se verrà confermata la regola secondo cui al 2030 gli altiforni europei non avranno più quote gratuite di emissione di Co2. Perché questo significherà che non esisteranno più altiforni a Taranto, quindi non si potrà rimettere a posto l'altoforno 5 che costa 650 milioni, perché non ha senso finire lavori così costosi nel 2028 e nel 2032 chiudere perché non si hanno quote gratuite di Co2".

Il secondo nodo riguarda gli impianti Dri, quelli che consentono di fare l'acciaio liquido con il forno elettrici. "C'è una lettera della Vestager (il commissario europeo per la concorrenza, ndr) abbastanza incredibile, perché rivolta soltanto all'Italia, che, mentre prima si prevedeva di poter utilizzare nel Dri fino al 10% di idrogeno miscelato al gas, dice che bisogna mettere il 40% di idrogeno nei primi tre anni e il 70% a partire dal quarto. Facendo un po' di calcoli, secondo me non c'è in questo momento in tutta Europa, non in Italia, una produzione che consenta di coprire questo fabbisogno".