GENOVA - Le immagini della strage di Capaci e di via d'Amelio sono nitide negli occhi di chi quel 23 maggio e quel 19 luglio 1992 le ha viste in diretta tv, sono facilmente riconoscibili per chi negli anni successivi le ha viste e riviste in classe a scuola e ha partecipato alle iniziative di commemorazione, iniziano ad essere più sfocate per le nuove generazioni ed è per questo motivo che è importante ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, 30 anni dopo la loro scomparsa, con le parole di chi ha vissuto quel dolore sulla propria pelle e con le immagini di quegli anni in cui ogni settimana un nuovo omicidio dominava le prime pagine dei giornali. Per questo il Salone Orientamenti ha voluto ospitare la mostra "L'eredità di Falcone e Borsellino" e avere tra gli ospiti, in collegamento o in presenza, Maria Falcone, Salvatore Borsellino e Pietro Grasso.
All'inaugurazione e alla prima proiezione del docufilm che ha lo stesso titolo della mostra fotografica nell'atrio dei Magazzini del Cotone, il già presidente del Senato e procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso ha raccontato ai ragazzi dei suoi 'amici'. Tra gli obiettivi di quel '92 che erano stati identificati dalla Cupola c'era anche lui, dopo che il 30 gennaio la Corte di Cassazione aveva confermato la sentenza del Maxiprocesso che condannava Riina e molti altri boss all'ergastolo. La sua lotta non si è mai fermata e assieme ai familiari di Giovanni e Paolo continua a incontrare i ragazzi delle scuole per sensibilizzarli sulla mafia che oggi "è sempre pericolosa perché è invisibile".
"Non si percepisce più la sua presenza perché ha adottato una strategia di sommersione, il primo scopo di una organizzazione criminale è il profitto e ora agisce con le armi della corruzione, della paura e dell'intimidazione, ma senza farsi vedere"
E se da una parte non si sente la sua presenza in maniera così pesante, con le immagini terribili di tutte le persone che negli anni hanno perso la vita, alcune in modo orribile come segno di avvertimento, dall'altra la mafia oggi è sempre più radicata in tutto il territorio italiano e si rischiano infiltrazioni ad alte sfere e nelle grandi opere. Per questo motivo la conoscenza della storia più recente è fondamentale, anche perché "senza memoria si rischia di dimenticare e di ripetere gli errori del passato", commenta a Primocanale il prefetto di Genova Renato Franceschelli. Una bella risposta quella dei tanti giovani nella Sala Grecale, che hanno una sensibilità molto attenta su queste tematiche.
"La cultura dello Stato, il rispetto delle leggi, i punti di riferimento come chi ha combattuto per la comunità vanno insegnati ai giovani assieme alla scuola"
IL COMMENTO
Situazione drammatica, presidente Meloni serve incontro urgente
La Liguria vuole tornare a correre, al via i cento giorni di Bucci