Attualità

Piras: "La pandemia non stravolge la vita a nessuno. Ma io non allevo più maiali ma solo pecore"
1 minuto e 8 secondi di lettura
di Michele Varì

GENOVA-"In Sardegna siamo abituati a convivere con la peste suina, che lì è endemica e non stravolge la vita".

A parlare è Antonio Piras, 72 anni, un passato da pugile olimpionico, uno degli ultimi due pastori sardi (di Carbonia, Cagliari) che allevano bestiame a Genova, sulle pendici della Val Bisagno, a Quezzi, dietro le case popolari del Biscione.

Lui dalla sua tenuta in cui alleva pecore e capre, ma non più maiali, e dove la figlia gestisce un piccolo maneggio, racconta che è finito lassù quando aveva quindici anni. Nel suo casolare allungato sul crinale della vallata affacciata sul mare di Genova ci sono anche conigli e tanti cani, perlopiù docili, più tre maremmani, cani pastori, che invece vigilano sul gregge e di notte anche sull'area.

La sua grande passione e per un po' anche il suo lavoro è stata la boxe: "Ero un peso leggero e ho vinto dei titoli, dovevo andare alle Olimpiadi di Roma, ma la carriera è stata interrotta da un brutto incidente stradale in cui ho perso una gamba" dice indicando le stampelle con cui si muove.

"Combattevo ai tempi di Benvenuti, Arcari, Monzon e Cassius Clay. Mi allenano nella palestra di via Cagliari. Il pugilato ora non lo fa più nessuno, perché vanno di moda le arti marziali, e perché era uno sport di fatica, ma chi riusciva a ingranare diventava famoso e portava a casa la pagnotta".