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Nei primi otto mesi del 2024 ha piovuto quasi il doppio rispetto alla media degli ultimi vent'anni. De Stefanis (geologo Arpal): "Eliminare il rischio è impossibile ma bisogna lavorare per mitigare il rischio"
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GENOVA - Il dato è emblematico, nei primi otto mesi dell'anno in Liguria sono caduti circa 1100mm di pioggia. Quasi il doppio rispetto alla media degli ultimi vent'anni (2003-2022) che si ferma a una cifra di 650mm di pioggia da gennaio ad agosto. Non tutte le province hanno assorbito lo stesso quantitativo di acqua. Le province di Imperia e Savona sono quelle che hanno visto cadere più pioggia, Genova è in linea con la media mentre La Spezia è sotto. Sono stati soprattutto i primi mesi quelli sopra la media storica con un giugno decisamente piovoso. Ad agosto è stata Savona la provincia che ha visto cumulate decisamente alte, classificata come 'moderatamente umida'.

E con l'estate ormai conclusa da un punto di vista meteo si entra in autunno, la stagione decisamente più piovosa. Le ultime allerte hanno portato al verificarsi già di alcune frane come a Cairo Montenotte e Lumarzo. E allora il rischio è che si moltiplichino ulteriormente frane e smottamenti, ma nonostante la tanta pioggia caduta in questo 2024 il verificarsi movimenti franosi non è per forza una diretta conseguenza come spiega Pietro De Stefanis, dirigente settore Geologia di Arpal: "La cumulata annuale della pioggia può non essere così incidente. A favorire i momenti franosi sono le precipitazioni brevi ma molto intense come quelle che si verificano ultimamente oppure quelle non intense ma continue e prolungate per più giorni, non è dunque la somma delle precipitazioni annuali".

A preoccupare in vista dell'autunno è soprattutto il mare molto caldo (ha raggiunto punte di 29 gradi in questa estate), fatto che favorisce il formarsi di celle temporalesche autorigeneranti capaci in poche ore di riversare in aree delimitate grandi quantitativi di acqua. Ad Albenga lo scorso 5 settembre sono caduti quasi 100 mm di pioggia in una sola ora mandando la cittadina e la piana sott'acqua.

Secondo l’Ispra (Istituto superiore per la Protezione e tutela ambientale) la Liguria insieme a Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto e Lombardia ha i valori più elevati di popolazione a rischio frane ed alluvioni. Negli ultimi 30 anni il bilancio è stato tragico. Secondo le stime i liguri che vivono in zone a rischio frana sono oltre 860 mila, più della metà. Con il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico.

E torna al centro il tema delle cause delle frane dove la mano dell'uomo risulta essere preponderante: "Spesso i fenomeni non sono dovuti a una franosità congenita ma indotti da condizioni che l'uomo ha generato realizzando strade, con i tagli sul versante, ecc. Diciamo che circa il 90% delle frane vede la compartecipazione dell'uomo" spiega il geologo dell'Arpal.

Di fatto eliminare il rischio frane è praticamente impossibile. Regione Liguria in questi anni ha investito una cifra di circa un miliardo di euro per ripristinare situazioni franose o avviate opere utili a ridurre il rischio che in futuro si verifichino nuovi casi. "Bisogna parlare di mitigazione del rischio - aggiunge il geologo De Stefanis -. È difficile per questi grandi corpi fermare il rischio. Hanno una cinematica costante nel tempo ma lenta, questa può essere rallentata con l'intervento dell'ingegneria infrastrutturale o sempre più spesso con interventi di ingegneria naturalistica come ad esempio il rimodellamento del versante, il drenaggio delle acque superficiali evitando così l'erosione e l'infiltrazione acquea con l'obiettivo di alleggerire il corpo di frana: vengono realizzate gallerie e pozzi drenanti che alleggeriscono il contenuto e stabilizzano il terreno".

Il geologo Arpal sottolinea anche quelli che sono le necessarie attenzioni che i progettisti di opere e infrastrutture devono seguire per garantire una riduzione del rischio frane: "Bisogna avere una visione ampia e tenere conto dei cambiamenti climatici in modo da progettare opere che facciano molta attenzione alla regimentazione delle acque. La casistica ci dice infatti che spesso le frane sono dovute a incanalamenti dell'acqua superficiale che va a concentrarsi in punti dove non dovrebbero andare" conclude De Stefanis.

 

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