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Costretto a lasciare la Costa d'Avorio dopo la guerra, è sttao in prigione in Libia e ora fa il mediatore culturale
2 minuti e 53 secondi di lettura
di Tiziana Oberti

Yaya Moussa ha 33 anni ed è nato in un villaggio della Costa d'Avorio. Nel 2015 ha lasciato il suo paese in cerca di un futuro migliore per sé e la sua famiglia. Dopo un anno di viaggio che definisce "molto difficile" tra Ghana, Burkina Faso, Niger e Libia dove è stato picchiato e incarcerato e ha lavorato per 10 mesi per pagarsi il viaggio. Ha attraversato il deserto e poi il mare su uno dei tanti barconi che arrivano carichi di persone sulle coste italiane. Oggi è un mediatore culturale della Croce Bianca genovese e aiuta chi come lui è arrivato da lontano, spinto dalla disperazione, sperando di cambiare la propria vita in meglio. La sua storia l'ha raccontata a 'People - Cambia il tuo punto di vista' in una puntata dedicata ai migranti. I suoi occhi raccontano anche quello che le parole, a distanza di anni, non riescono ancora a fare. Yaya ha deciso di restituire l'aiuto che gli è stato offerto quando è arrivato in Italia e in particolare da Brindisi si è ritrovato a Genova.

"Un viaggio molto difficile dopo la guerra"

"Ho deciso di partire dalla Costa d'Avorio dopo la guerra per cambiare la vita, per avere una migliore vita e per aiutare anche la mia famiglia - racconta Yaya - il viaggio è stato molto difficile, soprattutto dal Ghana fino in Italia, è stato difficilissimo. Sono partito dalla Costa d'Avorio, Ghana, almeno tre paesi prima di arrivare in Italia. Poi ho fatto Libia".

Botte e prigione in Libia

Yaya in Libia ci è rimasto dieci mesi. "Non avevo lo stipendio perché con il lavoro mi pagavo la traversata, mangiavo ma mi hanno anche picchiato e ho fatto tre mesi di prigione". Le parole sono poche nel raccontare quella parte del viaggio si limita a sintetizzare con "difficilissimo" ma nonostante la durezza di quella parte del viaggio Yaya racconta che sapeva di "non voler tornare indietro".

Ragazzo nero sorridenteYaya 33 anni ivoriano oggi è mediatore cultura per la Croce bianca genovese

La telefonata a casa dopo quattro mesi

Arrivato a Genova da Brindisi Yaya si trovato insieme ad altri 15 ragazzi a Sampierdarena e lì ha incontrato i volontari della Croce bianca Genovese, un incontro che è passato come prima cosa dalla possibilità di telefonare a casa. "Avevamo cinque minuti a testa - ricorda - e abbiamo chiamato tutti. Quando ho chiamato mia mamma non c'era e ha risposto mia sorella che non credeva che fossi io perché pensavano che fossi morto nella traversata".

"Fondamentale imparare l'italiano"

"Quello che dico ai ragazzi che sono arrivati è di andare a scuola, chiedono lavoro, ma io dico sempre senza parlare la lingua, nessuno ti prende per lavorare. Studio italiano A1 e A2 e ho conseguito la licenza media in Italia, facendo anche il giardiniere. Il mio primo lavoro è stato alle Caravelle di piazza della Vittoria e quando passo di lì e guardo i fiori mi sento orgoglioso".

"Qualcuno fa casini ma non siamo tutti così"

Yaya è consapevole che tra i tanti che arrivano in Italia ci sono anche persone che delinquono ma ci tiene a sottolineare "che non siamo tutti uguali, alcuni di noi sono bravissimi e non rubiamo, beviamo o facciamo casini. Siamo tutti uguali la differenza è nel colore della pelle. Prima di giudicare devi parlare con la persona, è quello che dico a tutti: prima di giudicarmi chiedimi e parlami per sapere qualcosa in più su di me".

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