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Da Biondi, Baget e Biasotti a Grillo e a Toti
4 minuti e 40 secondi di lettura
di Franco Manzitti

Un rapporto conflittuale tra Genova, la Liguria e Silvio Berlusconi, come ha analizzato qualche smemorato cronista nel giorno del lutto? Ma va! Sopratutto nella fase iniziale del trentennale berlusconiano molti dei personaggi-chiave delle svolte impresse dall’uomo di Arcore sono genovesi e liguri.

Incominciamo da Gigi Grillo, il senatore postdemocristiano, spezzino di origine, basista di carriera scudocrociata: grazie a lui, al suo singolo voto a favore del Cavaliere nella elezione alla presidenza del Senato, dopo lo storico 1994, si formò in quel ramo del Parlamento la nuova e rivoluzionaria maggioranza.

Fu una svolta clamorosa e decisiva, che orientò il grande cambio. Con quel “passaggio” Grillo divenne uno dei più fedeli armigeri di Berlusconi e costruì la sua carriera di forzista, con grandi risultati per gli incarichi che via via conquistò, dopo le iniziali polemiche esplose nel campo che lasciava, lui parlamentare scudocrociato poi popolare, ex assessore della giunta regionale ligure, già dirigente di banca.

Poi venne Alfredo Biondi, il grande avvocato liberale, indimenticabile, nato politicamente con Malagodi negli anni Sessanta, già con qualche legislatura sulle spalle, combattente di ultraminoranza.

Fu lui a caricarsi sulle spalle nel primo governo Berlusconi il ministero di Grazia e Giustizia. Il presidente Oscar Luigi Scalfaro aveva posto il suo niet alla nomina di Cesare Previti, figura un bel po’ discussa, in quel ruolo così delicato e chi meglio di Biondi, uomo di legge e politico di grande acutezza e facondia poteva andare a fare il Guardia Sigilli nel momento in cui scoppiava “la guerra dei trent’anni” tra Berlusconi e la magistratura? Biondi fu subito accusato di avere varato il famoso “decreto Salvaladri” nella stessa estate del 1994. Anche se quel governo durò poco, fino alla svolta di Bossi, che lasciò il Cavaliere per D’Alema, la figura di Biondi si stagliò per sempre nel firmamento berlusconiano, come il grande avvocato, “consigliori”, liberal capace di grande equilibrio, fino al 2008 quando Alfredo tornò nel suo alveo del nuovo Partito Liberale.

Certo che dopo due "stacchi" così forti come questi, di Grillo e Biondi, il terzo nella classifica cronologica berlusconiano non può che essere Claudio Scajoila, probabilmente il primo per peso politico sulla bilancia di Forza Italia, da lui “disegnata” statutariamente , come già raccontato e poi nei governi del Cavaliere dal 2001 in avanti. E prima ancora con la vittoria nelle Regionali 2000, che costrinse D’Alema alle dimissioni davanti allo scacco matto orchestrato da Scajola, coordinatore nazionale di FI.

Se Portofino era il luogo del cuore ligure, Imperia era sicuramente per il Cavaliere l’indirizzo più cercato nelle scelte politiche, nelle consultazioni, anche difficili, come dopo il caso di Biagi che portò Scajola alle prime dimissioni e l’altro, della casa vista Colosseo, che costò le seconde dimissioni al leader ligure per la famosa frase "a sua insaputa".

Ma Scajola è Scajola ed è facile pesare Berlusconi per il suo feeleng con il sindaco di Imperia, tutt’ora in carica da "civico". C’è anche Sandro Biasotti da ricordare, che conquistò inaspettatamente la presidenza della Regione Liguria nel 2000 contro il centro sinistra, grazie all’appoggio berlusconiano. L’unica cosa che non piaceva al Cavaliere di Biasotti, che è stato parlamentare “azzurro” fino a pochi mesi fa,  era la barba, che non riuscì mai a fargli tagliare.

Come dimenticare in questa carrellata don Gianni Baget Bozzo, l’ex pupillo del cardinale Giuseppe Siri, prete dalle passioni politiche brucianti. Dopo quella per Craxi ebbe la passione berlusconiana, durata fino alla sua morte.

E Berlusconi era affascinato dalla tonaca di Baget, fino a eleggerlo suo consigliere speciale, fino a candidarlo eurodeputato nelle sue fila. Una mossa che costò a colui che Siri battezzava “l’altoparlante della Biblioteca di Lipsia” per la sua immensa cultura, la “sospensione a divinis”, decretata da Siri che non poeva tollerare un suo sacerdote così schierato politicamente.

Il "braccio armato" di Baget Bozzo era a Genova Alberto Gagliardi, un ex giovane Dc di grandi fantasie e spirito comunicativo, fondatore de “La Balena Bianca”, un organo di dissidenza democristiana a sinistra, conquistato anche lui dal Cavaliere e da questi mobilitato in memorabili battaglie genovesi e liguri. Gagliardi è stato deputato e anche sottosegretario “azzurro” nel periodo probabilmente più fervido della sua carriera politica.

Genova e la Liguria quindi "ostili" al cavaliere, perché prevalentemente governate da amministrazioni di centro sinistra , a largo peso postcomunista? Basta ricordare che uno dei sindaci più forti di Genova, straeletto a sinistra, Beppe Pericu, si era meritato la definizione di Berlusconi di "migliore sindaco d’Italia" per calmierare questa ostilità.

Certamente durante il tragico G8 di Genova Berlusconi soffrì molto a Genova e non solo per i panni stesi in mezzo alle strade, che urtavano il suo gusto estetico, in vista dell’arrivo dei Grandi della Terra. Ma quella vicenda è, comunque, a parte rispetto alle scelte berlusconiane.

Altrove sarebbe successo lo stesso, salvo forze qualche difficoltà logistica in meno per la conformazione di Genova, città ideale per scorribande di violenti e Black block….

Il cerchio genovese e ligure pro Berlusconi si chiude con Giovanni Toti, delfino di Berlusconi, direttore Mediaset in giovane età, sfidato a correre per la Liguria e forse neppure pronosticato come vincitore di quella battaglia delle regionali 2015, quando il centro destra incominciò a conquistare, una ad una, le “rocche forti rosse” della Liguria.

Quelle vittorie hanno coinciso probabilmente con il periodo più difficile per il Cavaliere, lontano dal Parlamento, affidato ai servizi sociali, sempre sotto processo, perfino a Genova per la vicenda di “Ruby, rubacuori”.

Ma si può concludere che qualche sorriso in quel periodo nero, all’uomo che ha comunque cambiato la politica in Italia, giudizio condiviso anche dai suoi avversari e nemici, la Liguria lo ha suscitato probabilmente con quelle conquiste.

 

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