GENOVA - Solo tre parole. Era il ritornello di un tormentone musicale dell’estate di un po' di anni fa. Tre parole possono bastare per un’estrema sintesi, diciamo un distillato, della conferenza stampa di presentazione. Che potremmo definire, in modo più calzante, il vernissage della nuova Sampdoria.
Partendo da un passo indietro di 48 ore. Lunedì sera, dopo la fumata nera sull’accordo Grosso-nuova proprietà, più di un sampdoriano è stato colto da un brivido. Qualcosa tipo: e adesso? Perché le scottature sulla pelle sono cosa recente. E una doppia mancata chiusura (prima Pecini, poi l’ex terzino eroe di Berlino 2006) qualche brivido lungo la schiena l’ha fatto scorrere.
E, invece, è bastata una notte e martedì mattina già prendeva forma la nuova Sampdoria. Con un allenatore entusiasta, un direttore tecnico con le idee chiare e un capo dello scouting. E quelle tre parole a cui stiamo per arrivare.
Dopo un'altra nota a margine: ad Andrea Radizzani e Matteo Manfredi bisogna innanzi tutto dire grazie per aver salvato la Sampdoria. Il giudizio sul loro operato, come è ovvio, lo darà il tempo. Con ogni migliore auspicio e ogni augurio. Ma, nello scenario dell’Ocean Park Live sono, appunto affiorate tre parole, che sono qualcosa – o molto più – che semplici parole. Si possono definire linee guida o concetti ispiratori, comunque punti fermi del nuovo progetto. E le parole sono Sampdorianità (sì, con la S maiuscola), sogno e umiltà.
"Quando penso alla Sampdoria, penso alla squadra degli anni 90", ha detto Radrizzani. E Pirlo: "Sono cresciuto nel mito di Vialli e Mancini e giocare a Marassi è sempre stato molto bello". Ancora il patron: "Dobbiamo riportare quello spirito per fare innamorare i giovani dei nostri colori. Quello spirito, quell’eleganza dentro e fuori dal campo, torneranno a essere la nostra cifra". Musica per le orecchie dei tifosi. Perché lo stile Sampdoria è sempre stato un riferimento e non un concetto vuoto. Stile Sampdoria in campo e stile Sampdoria, mandato a carte quarantotto da Ferrero, fuori.
Secondo concetto. Parole di Andrea Pirlo: "In carriera ho sempre giocato per vincere. L’obiettivo è arrivare il più in alto possibile, non posso promettere la promozione diretta e immediata ma sognare non costa nulla e arrivare in alto e in fretta è un obiettivo". Appunto. Perché se al calcio togli i sogni, cosa resta? Ma il calcio delle avere la forza e la volontà di costruire e inseguire sogni, non produrre illusioni e, soprattutto, non turbare i pensieri dei tifosi con gli incubi (vedi rischio fallimento) che hanno contrappuntato gli ultimi mesi.
Dunque, Sampdorianità, sogno e, infine, umiltà. Quella che ha scelto Pirlo (dopo la Juve, dove peraltro da allenatore esordiente, non era rimasto a mani vuote), la Turchia ripartendo dal basso. Quella che richiama Nicola Legrottaglie: "L’umiltà è alla base del nostro progetto. Vogliamo farci amare dal nostro pubblico". Insomma, tre parole e tre idee forti per accompagnare un concetto di fondo, che resta in filigrana, ma è chiaro: l’ambizione.
Poche parole, chiare, convincenti. Neanche una gaffe, e questo è un bel segno di discontinuità rispetto ai primi passi dell’elefante Ferrero nella cristalleria Sampdoria. Mica poco. Il resto Radrizzani, Manfredi, Pirlo & C cercheranno di costruirlo con equilibrio ("la squadra? Un mix") ora dopo ora e giorno dopo giorno. Ora siano work in progress, lavori in corso, ed è già bello veder (ri)costruire la Sampdoria.
IL COMMENTO
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