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Creuze fitte di cartelli "Vendesi" e "Affittasi", anziani spesso in carrozzella, quasi tutti con il loro bastone, molti con badante a fianco
3 minuti e 34 secondi di lettura
di Franco Manzitti
Anziani che camminano per i vicoli di Genova, foto da Instagram @karoldenardin

È una città con 300 ultracentenari, e 2350 genovesi che viaggiano tra i 95 e i 99 anni. La parte del leone la fanno i cinquantenni che su una popolazione di 558 mila, tarata nel 2021, sono quasi 130 mila. Mano a mano che si scende di generazioni il numero cala fino ai 7 mila bambini e bambine da 0 a 4 anni. Che conclusioni trarre? Salvo qualche enclave giapponese siamo una delle città più vecchie del mondo e gli sforzi per ringiovanirla e convincere i suoi abitanti a proliferare, in tempi come questi, quando gli orizzonti si restringono, ci sono ma non bastano.

Il sindaco Bucci da tempo sventola il dato dei 750 mila presenti in città quotidianamente a lavorare, studiare, comunque vivere per dimostrare che la Superba è tornata a pulsare, aggregare, in una fase nella quale cerca di conquistare il ruolo di capitale del Mediterraneo, grande porto, grandi movimenti, attrazione crescente del turismo. Non può fare altro: deve spingere il suo modello “meraviglioso” e contrastare la discesa vertiginosa, che dall’inizio degli anni Settanta ha dimagrito Genova di quasi 250 mila abitanti, scendendo da un record di 870 mila, lungo un declino, la cui inversione sul piano psicologico è il vanto principale del sindecu cu’ cria.

Oggi, sostiene Bucci, quel mood catastrofico della discesa è sparito. Oggi i genovesi sono convinti che tutto è girato, malgrado il ponte crollato, ma subito ricostruito, con le alluvioni imbrigliate negli scolmatori, con i grandi segnali in partenza dalle ristrutturazioni epocali, la Diga di Begato abbattuta, il Water front di Levante in piena spinta, i buchi davanti a san Martino finalmente trasformati in maxiposteggio, l’Hennebique avviato, eccetera eccetera, con le ruspe che scavano perfino la seconda Esselunga genovese dove un tempo c’era la collina di san Benigno. 

Ma al di là dell’ottimismo della volontà, formula di un tempo che fu, la città si svuota.

Ci sono quartieri residenziali, dove se ti avventuri scopri, oltre al crollo dei prezzi immobiliari metro quadro, una popolazione che sfila sempre più rarefatta e assistita, lungo strade, viali e creuze fitte di cartelli "Vendesi" e "Affittasi", anziani spesso in carrozzella, quasi tutti con il loro bastone, molti con badante a fianco. Come ripopolare? Per esempio con un marketing del territorio forte per attirare qua i nuovi cittadini portati dallo smart working, scoperto durante la pandemia, con l’arrivo di nuove aziende che scommettano su un territorio attraente se ben servito e baciato dalla fortuna del sole, del mare, del clima dolce. E di qualche insediamento in crescita come a Morego e a Erzelli. Non basta e se bastasse qualche inversione l’avremmo già misurata. Invece no, continuiamo a scendere.

La chiave , certo una delle chiavi, è togliere Genova dall’isolamento, 'avvicinarla' al resto dell’Italia, rompere la discontinuità territoriale, che la fa sembrare un’isola, magari 'meravigliosa', tra le montagne e il suo mare di nuovi traffici, nuove dighe, perfino nuovi monopoli.


Forse nel 2024 dovrebbe arrivare il Terzo Valico ferroviario, atteso da 110 anni, che ci avvicinerebbe di mezz’ora a Milano, via treno, ma se non velocizzano anche la Tortona –Milano sarà solo un 'aiutino'… In Francia l’alta velocità del TGV ha capovolto il destino di città come Bordeaux ,che stavano declinando stile Genova, ripopolandola perché i tempi di percorrenza con Parigi si erano dimezzati.  Qui, invece, per ora non c’è treno veloce o velocetto che tenga. Le hanno tentate inutilmente tutte per arrivare prima a  Roma, Milano, Torino. Ora ci propongono il percorso Genova-Milano-Roma in 5 ore, agganciandoci all’alta velocità delle Frecce Rosse. Ci metteremo lo stesso tempo, che io, giovane pendolare con la capitale impiegavo negli anni Settanta: cinque ore. Ma vuoi mettere la differenza, viaggiando sulla Freccia Rossa, mentre io usavo il mitico Genoa-Sprint. E avevo almeno un bel vagone restaurant dove distrarmi. Cinquanta anni, mezzo secolo, e il tempo è lo stesso.

Siamo irraggiungibili, anche senza la catastrofe autostradale che ci perseguiterà per anni. E alla fine avremo - come sostiene qualcuno - autostrade finalmente sicure nei ponti e nelle gallerie, ma intasate, come lo erano prima, perché sono le stesse costruite fino agli anni Settanta. Mentre il traffico è cambiato, si è decuplicato e continua a logorare la rete. Come tragicamente il crollo del ponte Morandi ha dimostrato. Logorio più mancata manutenzione e siamo a pezzi. 

Irraggiungibili e troppo anziani: non è un anatema, ma deve diventare un programma ragionato di rilancio.

(Foto da Instagram @karoldenardin)