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di Matteo Angeli

Avevano attraversato l'Italia per lavorare. Vincenzo e la sua compagna Enza avevano lasciato la loro Sicilia per trasferirsi a Genova. Lui aveva trovato impiego come operaio specializzato in un'azienda di Mele, lei come infermiera al Gaslini. Una coppia giovane, piena di sogni, soddisfazioni e speranze. La casa in via Tanini, nel quartiere di Borgoratti, il matrimonio nel maggio scorso e la nascita di Tommaso il primo gennaio. Enza e Vincenzo erano felici, tutto stava andando come nei loro piani.

Avrebbero dovuto rivedersi per il ponte del 25 aprile quando lui avrebbe finito la trasferta di Suviana. In quella centrale idroelettrica lui lavorava da tempo, la conosceva bene e solo qualche ora prima aveva fatto un collaudo insieme ai suoi colleghi. Vincenzo martedì pomeriggio era lì sotto a meno 30 metri di profondità quando la centrale è esplosa. Un disastro.

Mentre ancora si cercano i corpi dei dispersi, iniziano già a sentirsi le prime accuse, i primi sospetti. Una tragedia che forse si poteva evitare. Allarmi di cui non s’è tenuto conto, contestazioni sulle procedure, incertezza sui compiti affidati alle tante ditte che, tra appalti e subappalti, gestivano manutenzione e sicurezza. Ci sarà tempo e modo per accertare cause e magari trovare eventuali colpevoli ma oggi la testa non può che rimanere su quei lavoratori che hanno trovato la morte. Difficile non pensare a Enza e Vincenzo che hanno avuto il coraggio di lasciare la loro terra. Lo hanno fatto per inseguire i loro sogni, per avere una vita migliore. "Cercavi la vita ma ti ha incontrato la morte" cantava Guccini. E non è giusto. Non può essere giusto.