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di Matteo Cantile

Mentre la magistratura porta avanti il suo lavoro di approfondimento, gli indagati eccellenti languono (chi a casa, chi addirittura in prigione) e sulla maxi inchiesta che ha sconvolto la Liguria si rincorrono le interpretazioni (a volte ragionevoli, altre grottesche), il mondo esterno non si ferma e continua a girare

E girando chiama quel che resta della classe politica regionale, privata dei suoi vertici, a una estrema assunzione di responsabilità: anche perché la Liguria, e questo è indiscutibile, si trova in mezzo a una serie infinita di enormi decisioni da prendere, quelle legate alle costose infrastrutture che sono state progettate, in qualche caso iniziate, in altri da mettere a terra.

Sulla diga foranea, in particolare, è decisiva l'approvazione di un corposo finanziamento regionale (57 milioni) che impegnerà i contribuenti negli anni a venire: una firma che scotta anche perché, come ha detto recentemente il viceministro Rixi, va sottoscritta quasi al buio, senza cioè sapere cosa contengano davvero le carte di tutte le inchieste parallele che coinvolgono di fatto l'intera vita economico-portuale della città di Genova. 

Molto più semplice sarebbe mandare tutto all'aria, staccare la spina alla legislatura e concentrarsi sulle prossime elezioni: scegliere i candidati, riposizionarsi, magari smarcarsi. Il fatto che la maggioranza non lo voglia fare va dunque giudicato positivamente: se i nostri politici siano corrotti o meno lo scopriremo a tempo debito, oggi sappiamo che non sono codardi.

Ma è evidente che l'allungarsi dei tempi dei possibili chiarimenti (Toti verrà sentito dai magistrati solo la prossima settimana) rende più claudicante il cammino di chi resta: ci vorrà un'enorme quantità di sangue freddo per rispondere alle sollecitazioni senza commettere errori.

Sarebbe forse il caso, ma è un auspicio poco praticabile, che tutto l'arco costituzionale si unisse adesso in un solo blocco di responsabili capace di sostenere l'ente regionale nel momento della massima difficoltà: opzione poco praticabile, dicevo, perché per attuare un simile scenario ci vorrebbe un tavolo comune in cui condividere le scelte e credo sia difficile che il centrodestra ligure voglia aprire a questa ipotesi. Sarebbe un segnale di resa politica e, al momento, la linea sembra quella di tenere la posizione fin quando possibile.

Entrambi gli schieramenti, però, devono tenere in conto una cosa: fuori dalla legittima battaglia politica c'è un territorio che non ha tempo da perdere. Anche perché il treno che ha portato 7 miliardi sulla Liguria non starà fermo in stazione troppo a lungo, va scaricato prima che riparta. 

Lasciarlo andare, qualunque cosa potranno scoprire i magistrati, sarebbe un danno ben più grande di qualunque corruzione