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di Giampiero Cama*

Centrodestra e centrosinistra al voto: il peso di alcune asimmetrie

Dopo le recenti vicende giudiziarie ci si aspettava un inevitabile cambiamento degli schieramenti destinati ad amministrare la Liguria. L’arresto del presidente della regione ha spiazzato, seppur per diversi motivi, tutte le forze politiche, sia di governo che di opposizione costringendole a fare mosse contrassegnate da una sostanziale improvvisazione. Tuttavia nell’esito del voto hanno pesato alcune differenze tra le due coalizioni che hanno caratterizzato la vigilia e il proseguo della campagna elettorale.

Il fattore astensione: una prima differenza

Anche queste elezioni regionali hanno confermato il fenomeno, comune a gran parte del paese, dell’elevato tasso di astensione, una tendenza che, se destinata a durare o addirittura accentuarsi, pone seri interrogativi sulla qualità e tenuta futura dei nostri assetti democratici. Le ragioni della scarsa partecipazione al voto sono abbastanza note e da tempo indagate dagli esperti. Tra le principali cause strutturali individuate a tal proposito vi sono la frammentazione della società dovuta a un modello di sviluppo post-industriale, la minor capacita dei partiti di radicarsi sul territorio e di attivare la mobilitazione dal basso dei cittadini e la rarefazione e la minor presenza delle associazioni intermedie. Questi cambiamenti della società sono stati accompagnati da un profondo mutamento nei sentimenti e nelle attitudini di una parte rilevante delle nostre comunità. Si è assistito in fatti ad un crescente e diffuso senso sfiducia ed estraneità nei confronti della politica e dei suoi principali protagonisti. Si va da un atteggiamento di contestazione rancorosa e sorda a un sentimento di alienazione dovuto alla percezione che l’esito delle elezioni non comporti alcun significativo miglioramento delle condizioni e delle opportunità di vita degli individui. Queste elezioni regionali hanno visto riaffermato un più alto tasso di astensione tra i giovani e tra le fasce più povere e marginali della popolazione. L’astensione, inoltre, ha coinvolto in diversa misura gli elettori dei diversi partiti, colpendo in particolare la coalizione di centrosinistra. Sono stati gli elettori che avevano votato in precedenza i 5 Stelle ad aver disertato maggiormente le urne, penalizzando la candidatura di Orlando. Come in quasi tutte le precedenti tornate elettorali della seconda repubblica, anche questa volta l’“astensionismo relativo” ha determinato l’esito del voto, premiando Bucci e la sua coalizione. Questo elemento è interessante perché mostra come non sia stata la presenza di candidati espressione di Italia Viva e di Renzi a demotivare parte degli elettori del partito di Conte (una delle giustificazioni addotte dai 5 Stelle per il loro veto a questa componente).

I flussi

Uno dei dati più interessanti emersi dall’analisi dei flussi è che, ed è questa la seconda asimmetria, non ci sono stati significativi travasi tra l’elettorato di centrodestra a favore dello schieramento opposto, mentre un certo flusso si è verificato in direzione contraria, specialmente tra gli elettori che in precedenza avevano votato per i partiti centristi, come Italia Viva e Più Europa. Si tratta evidentemente di una delle conseguenze di più rilevante impatto legata all’esclusione di tali forze dal cosiddetto “campo largo”.

Candidati e coalizioni

Una terza differenza riguarda il diverso grado di preparazione delle forze in campo. Sia centrodestra che centrosinistra hanno dovuto improvvisare in breve tempo la scelta dei candidati ed estrarre in fretta e furia dal cilindro personalità presentabili e sufficientemente credibili. La selezione non è stata facile per entrambi e non a caso si è ricorso a soluzioni affannose e dell’ultimo minuto. Tuttavia mentre il centrodestra ha avuto il vantaggio di non aver dovuto improvvisare la propria alleanza, consolidata da tempo a livello nazionale e locale, il centrosinistra ha vissuto sino all’ultimo forti fibrillazioni nella costruzione della propria, caratterizzata da aspre polemiche e incomponibili dissidi. Non a caso quest’ultimo risultava in vantaggio nei sondaggi prima della rottura con Renzi e Italia Viva e in svantaggio subito dopo.
Anche la scelta di un candidato “civico” e popolare nel territorio (soprattutto nell’area metropolitana genovese) si è mostrata una carta vincente, una mossa tattica indubbiamente abile ad opera soprattutto di un “vecchio leone” della politica ligure come Claudio Scaiola. Il Partito Democratico ha ottenuto un ottimo successo in queste elezioni, tuttavia Bucci ha contribuito, come emerge da alcune analisi, a ridurre e contenere in modo decisivo l’emorragia di voti comunque patita dal centrodestra. Bucci, inoltre, ha fatto pesare il fattore personalizzazione, portato con sé un consenso superiore a quello dei partiti che lo hanno sostenuto. Lo stesso è avvenuto invece in minor misura per Orlando, che comunque ha condotto bene una battaglia in condizioni non facili.

Il secondo tempo: le comunali a Genova

Una delle conseguenze della vittoria di Bucci è l’apertura immediata di una seconda competizione centrata sulla selezione del futuro sindaco di Genova. Il buon risultato del centrosinistra in città rende questa prossima partita altamente contendibile e non scontata. Il centrodestra ha il vantaggio di poter sfruttare l’inerzia in prevalenza positiva dell’amministrazione Bucci, anche se è da valutare l’eventuale scotto di un abbandono a meno di metà del mandato. Il centrosinistra ha invece il compito di non sprecare la spinta positiva di un consenso in ascesa tramite soprattutto la scelta di un candidato inclusivo, capace di raccogliere il sostegno degli elettori indecisi e moderati.

*Professore Università di Genova, dipartimento di Scienze Politiche e Internazionali