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di Franco Manzitti

Ho fatto una delle più belle interviste della mia lunga, lunghissima carriera a un personaggio che forse è il più importante genovese vivente nel mondo intero. Si tratta di Tomaso Poggio, scienziato e uno dei fondatori dell’Intelligenza Artificiale, oggi professore al Mit di Boston, una carriera scientifica sfolgorante a Tubinga e poi negli Usa.

Il ritorno "a casa"

Nato a Genova, studente nell’Istituto Arecco dei Gesuiti, poi laureato nella nostra Facoltà di Fisica, con profonde radici famigliari e affettive nella nostra città, dove torna regolarmente. Come pochi giorni fa, quando, rientrando da Stoccolma, dove era andato ad assistere alla consegna del Premio Nobel per la chimica a un suo allievo illustre, che è anche il numero due di Google, oltre che studioso con Poggio dei sistemi che favoriscono l’Intelligenza Artificiale, è arrivato sotto la Lanterna.
Si trattava di Denis Hassabis, inglese, 49 anni, premiato per la sua scoperta di una struttura proteica e, appunto, di un modello di Intelligenza Artificiale chiamato Alpha Fold 2.
 Smesso il frac della mitica cerimonia svedese e stretta la mano al suo allievo, che lo aveva voluto vicino in quel momento che consacrava anche tutta l’èquipe di Poggio, il nostro scienziato è arrivato a Genova per ritirare un prestigioso premio, il Lerice Pea per i Liguri nel mondo.
Glielo hanno consegnato nella sala di rappresentanza della Regione Liguria in via Fieschi, undicesimo piano, vista spettacolare su una Genova quel giorno grigia, ma splendente per l’onore che veniva reso a questo personaggio, che non ha oggi per l’importanza della sua figura pari.

Dove nacque l'intelligenza artificiale

Poggio ha “fondato” gli studi per la “costruzione” dell’Intelligenza Artificiale, incominciando da giovanissimo  a Tubinga a approfondire la visione nel cervello delle mosche.
Muovendosi tra biologia e fisica, per decenni al fianco delle menti mondiali più approfondite negli studi del cervello e dell’intelligenza umana, è arrivato a “inventare” l’intelligenza artificiale e a approfondirne il motore, contribuendo a far decollare quel fenomeno, che è stato paragonato alla scoperta dell’elettricità,  poco più di un secolo fa. Qualcosa che cambia l’Umanità, influisce sul suo percorso. Come si è creata la luce, così si è arrivati a una intelligenza che nasce dalle macchine, machine learning.
Prima di ricevere il premio Poggio ha svolto una breve, ma efficacissima Lectio Magistralis sul suo percorso di studi e di scoperte e subito dopo ho avuto quella fortuna di dialogare con lui e di porgli quelle domande, che tutti abbiamo sulla lingua di fronte a un fenomeno che è diventato così fortemente mediatico da pochissimo tempo.

Tutte le domande sull'IA

Dove ci condurrà l’intelligenza artificiale? Fino a quando possiamo controllarla? Perchè aveva incominciato studiando la visione delle mosche? Quali effetti positivi e quali negativi produrrà l’Intelligenza Artificiale nel mondo? Chi è più avanti tra le potenze che stanno cambiando la geopolitica mondiale nell’applicazione dell’IA? Potrà la IA, a un certo punto, non essere controllabile dalla mente umana e controllare noi? Quali domande possiamo porle, fino a quelle che riescano a dimostrare che queste macchine incredibili sono capaci di avere una coscienza?
E’ stato un dialogo affascinante e anche sconvolgente, quando, per esempio, Poggio ha spiegato in quale momento potremmo scoprire che l’Intelligenza Artificale è arrivata, appunto, ad avera una “sua” coscienza. E quando gli ho chiesto se si potevano porre a quell’algoritmo, diventato un interlocutore sempre più consultato da tutti, le domande cruciali dell’Umanità sull’esistenza di altri mondi, sull’esistenza di Dio.

Uno "scopritore" del terzo millennio

“Potremo arrivare a rispondere a questi interrogativi quando sapremo, magari attraverso quelle macchine, se ci sono veramente più universi”, mi ha risposto, seguendo un po’ il filo di quello splendido libro, che ha recentemente pubblicato, dal titolo “Cervelli, Menti, Algoritmi”, scritto da lui e da Marco Magrini, grande giornalista scientifico, diffuso in Italia da Sperling and Kupfer, che sta per essere tradotto in inglese e che è una splendida spiegazione della “nostra” intelligenza di uomini.
Credo che Poggio sia uno “scopritore” nel Terzo millennio, senza fare paragoni eccessivi, come nel Primo millennio lo è stato Cristoforo Colombo.
Credo che Genova debba oggi scoprire lui, cosa che hanno fatto solo i suoi colleghi scienziati, chi ha letto le sue 400 pubblicazioni, chi nel mondo gli ha conferito Lauree Honoris causa, chi gli ha attribuito altri premi e, per fortuna, la giuria del Premio Lerici Pea, con in testa l’architetto Lucilla del Santo, la presidente.

Ma ad ascoltarlo... non c'era nessuno

A salutare Tomaso Poggio in Regione c’erano solo i membri della giuria, i suoi famigliari, qualche amico stretto, il Sovrarintendente del Carlo Felice Orazi, Mario Menini, grande e vecchio socialista, presidente di un altro Premio per i Liguri nel mondo, una funzionaria del Comune e per una rapidissima capatina, il neo assessore regionale Ripamonti.
Ci sarebbe dovuta essere la Liguria con le sue insegne e i suoi vertici, Genova con il suo gonfalone, con le sue istituzioni, con i suoi maggiori responsabili della Cultura e della Scienza, se ci sono. Magari qualche onorevole, senatore, deputato, tra quelli sempre pronti a salire sulla passerella, magari per farsi insignire dell'Ordine del salame.
Ci sarebbero dovuti essere tutti i mezzi di comunicazione, capaci di cogliere non solo l’importanza di quello che veniva detto, ma del personaggio che Genova può rivendicare tra le sue glorie di oggi.
Sarebbe tra l’altro stato il modo di onorare anche la memoria di Enrico Beltrametti, già rettore dell’Università, docente di fisica, uno dei maestri di Poggio giovane, scomparso nei giorni scorsi. Non c’era nulla e quasi nessuno e guardando Genova dal vetro rigato di pioggia di quella sala, nel grattacielo regionale, se non fosse stato per l’orgoglio di avere di fronte un genovese così, sereno e tranquillo, sobriamente cosciente del suo compito e della sua capacità, mi sarei vergognato.

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