Cronaca

In sole ventiquattr'ore caddero 948 millimetri di pioggia
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di Dario Vassallo

43 vittime, 35 morti e 8 dispersi, e oltre 2000 sfollati: è il drammatico bilancio dell'alluvione che 53 anni fa, il 7 ottobre 1970, con l'esondazione dei torrenti Bisagno, Fereggiano e Leira e la piena di altri rivi come lo Sturla, il Polcevera, il Chiaravagna e il Cantarena mise in ginocchio Genova e altri venti comuni della provincia il più colpito dei quali fu Masone. In sole ventiquattro ore cadde una quantità impressionante d'acqua: 948 millimetri.

Le precipitazioni iniziarono la sera prima a Voltri determinando l'esondazione del Leira che costerà 13 morti continuando poi per ore ed ore fino a causare nel pomeriggio del 7 la violenta tracimazione del Bisagno e del Fereggiano. Soprattutto l'esondazione del primo causò altre vittime, colpendo Marassi e Quezzi dove crollò un'ala di uno degli edifici del Biscione. Colpiti pure i quartieri della Foce e di Brignole con le piene amplificate da concomitanti mareggiate che non consentirono il deflusso in mare delle acque. Numerosi gli sfollati così come non si contarono le interruzioni alle forniture di gas, luce e acqua.

Il diluvio, che lasciò la città sommersa da un mare di fango, determinò anche il crollo di due delle cinque arcate del ponte di Sant'Agata, costruito in età medievale e prospiciente Borgo Incrociati, altra zona pesantemente colpita, utilizzato fino a quel momento come passaggio pedonale. Fabrizio De André a questa tragedia dedicò 'Dolcenera': "Nera di malasorte che ammazza e passa oltre, Nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c'è luna, Nera di falde amare che passano le bare. E il tumulto del cielo ha sbagliato momento, acqua che non si aspetta altro che benedetta, acqua che porta male, sale dalle scale sale senza sale, acqua che spacca il monte che affonda terra e ponte”.

Il giorno dopo, ancora straziata da quel che era successo, la città cominciò già a rialzarsi. Furono soprattutto i ragazzi e gli studenti che con grande orgoglio e senso di appartenenza si rimboccarono le maniche e riempirono strade, piazze e negozi spalando con mezzi di fortuna e a volte semplicemente a mani nude tutto quello che c'era da spalare per riportare un minimo senso di normalità. La palestra del liceo d'Oria divenne un punto di raccolta di qualsiasi materiale potesse servire ma pure un luogo dove chi si prendeva qualche momento di pausa poteva trovare di che rifocillarsi. Fu la prima volta in cui si coniò per Genova il termine 'angeli del fango' utilizzato per l'alluvione di Firenze del 1966 e rimase a lungo in via Ruspoli, nel quartiere della Foce, una scritta col gesso sul muro di un palazzo vergata da un'anonima mano: 'Grazie giovani, che Dio vi benedica'.