Cronaca

L'imputato di Spea ammette "sommità mai verificate di persona" e mostra in aula le foto delle ispezioni visive e ribadendo, "negli anni '90 ponte come nuovo", scatenando la reazione dei familiari delle vittime: "Vergogna, era tanto nuovo che poi è crollato"
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di Michele Varì

GENOVA -"Negli undici anni in cui sono stato responsabile della sorveglianza di Spea, dal 98 al 2009, non abbiamo mai effettuato controlli ravvicinati sugli stralli della pila nove del Morandi".

Lo ha ammesso, parlando della pila che ha causato il crollo di Ponte Morandi, l'ex responsabile dell'Unità Tecnica di Sorveglianza di Spea Marco Vezil (foto al centro), imputato per la tragedia del 2018 nella seconda udienza del suo esame davanti ai giudici. L'ingegnere genovese ha confermato che le ispezioni erano solo visive, con cannocchiali e macchine fotografiche. "Il ponte dagli anni '90, dopo l'intervallo sulla pila 11, era come nuovo, tanto che era venuto ad ammirarlo un gruppo di ingegneri giapponesi".

Vezil in passato aveva riferito che il suo successore, Casini dal 2009 aveva però effettuato controlli sugli stralli della pila 9 senza rilevare anomalie, "perchè l'ammaloramento era nascosto nel cemento".

Per sottolineare che le condizioni del ponte era buone l'imputato ha mostrato in aula alcune delle fotografie del Morandi scattate nel marzo 2018 a distanza di 90 metri. Foto che però non mostrano gli stralli. Vezil ha anche ribadito che non nessuno abbassava i voti sul viadotto e nessuno, neppure da parte di Aspi, ha imposto ad altri di farlo".

Le parole dell'imputato hanno fatto infuriare i familiari delle vittime presenti in aula. Come ha riferito la portavoce Egle Possetti: "A sentire parlare i responsabili della sorveglianza, dopo avere ascoltato l'arroganza di Donferri, possiamo dire che questi controllori sembrano un'armata Brancaleone. e ci ha fatto molto impressione che i voti che rivelano le opere ea rischio partivano dal 43, lo stesso numero delle vittime".

Dopo Vezil, nel pomeriggio, a parlare è stato l'imputato Antonino Galatà (foto a destra), ex amministratore delegato di Spea, e anche lui ha parlato di un ponte Morandi che negli anni Novanta era tirato a lucido: "Nel 2006 mi dissero che il ponte Morandi era stato rimesso a nuovo con i lavori degli anni Novanta". 

Galatà ha detto che nel 2010 in Spea lavoravano 500 persone di cui 150 nel settore vigilanza: la società non incrementò mai il personale addetto ai controlli. "Nel 2018 - ha aggiunto l'imputato - in Spea lavoravano 700 persone perché avevano acquisito una nuova struttura ma il personale addetto alla vigilanza era da sempre di 150 persone. Ho sempre cercato di fare in modo che il sistema azienda funzionasse".

Da Ad "ho fatto comprare le macchine fotografiche, ho potenziato gli autoveicoli, introdotto i tablet fino al progetto dei droni". Dei controlli co i droni "nel 2014 se ne cominciò a parlare ma mi dissero che la qualità delle immagini non portava all'epoca valore aggiunto". Dei controlli "sapevo che venivano fatte le prove riflettometriche - ha concluso - periodiche nel senso che i tecnici che lavoravano con me ritenevano corretta la cadenza. L'ingegner Nebbia (altro imputato ndr) mi disse che in alcune aree si poteva comunque accedere attraverso delle botole e che il rilievo esterno era affidabile, quindi la sorveglianza era valida".

L'esame di Galatà proseguirà domani, mercoledì 22 novembre: da lunedì prossimo invece dovrebbero iniziare le testimonianze degli imputati: a spaventare è il loro possibile numero visto che si parla di 380 testi. Il presidente del collegio dei giudici Paolo Lepri al termine dell'udienza ha chiesto per l'ennesima volta agli avvocato difensori di indicare al più presto il numero e i nomi dei testimoni.