Cronaca

Il pm Ciavattini aveva chiesto l'ergastolo per Evaristo Scalco, 64 anni, ma per la difesa la richiesta era sproporzionata: "Non voleva uccidere"
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di Michele Varì

GENOVA - È stato condannato a 23 anni di carcere per omicidio volontario dalla Corte di Assise Evaristo Scalco (nella foto a destra durante la lettura della sentenza del giudice Cusatti), l'artigiano di 64 anni che nella notte fra l'1 e il 2 novembre del 2022 dalla finestra di casa di vico Mele uccise con una freccia Javier Miranda Romero (a sinistra), 41 anni, un impresario peruviano che stava festeggiando con un amico la nascita del figlio nei vicoli del centro storico.



Non è stata accolta dai giudici l'aggravante dell'odio razziale, richiesta dal pm perché Scalco aveva gridato "stranieri di merda" alla vittima e al suo amico e connazionale, mentre è stata accolta l'altra aggravante dei futili motivi perché l'assassino aveva reagito a  un gestaccio con il dito medio di Miranda Romero.

Il pm Arianna Ciavattini aveva chiesto la pena del carcere a vita, l'ergastolo, contestando all'imputato le due aggravanti e sottolineando la sua volontà di uccidere, il dolo diretto.

La Corte d'Assise ha previsto una serie di risarcimenti in via provvisionale di Scalco ai familiari della vittima, in totale circa 500 mila euro.

La moglie della vittima, Patricia Lopez, dopo la sentenza si è limitata a dire "confido nella giustizia italiana", mentre Alessia, la figlia maggiore che Romero aveva avuto con la prima moglie, una ragazza ventenne (nella foto a destra di spalle in aula), è scoppiata a piangere perché si attendeva una pena più severa. Il suo legale, però, Jary Felice, ha definito "la sentenza giusta visti i fatti emersi in aula".

L'avvocato Jacopo Pensa, legale di Scalco insieme a Federico Papa, ha commentato così la sentenza: "Il primo obiettivo era evitare l'ergastolo, quella da parte di un tribunale di una corte  di Assise è stata una scelta coraggiosa che ha voluto percorrere una strada severa ma non sino al punto da renderla ergastolana, adesso fra novanta giorni vedremo cosa c'è scritto nella sentenza perché c'è un tema della volontà dell'omicidio e di attenuanti che andrebbero valutate meglio e aggravanti che andrebbero abolite, faremo appello, Scalco rimane agli arresti domiciliari".

L'avvocato Francesca Palmero, che rappresenta due parti civili, moglie e figlioletta della vittima ha riferito "c'è una parziale soddisfazione. Quello che ci interessava è che fosse fatta giustizia, i risarcimenti per moglie e figlioletta per ora sono di 300 mila euro, anche se bisogna vedere cosa si riesce a recuperare". Le parti civili avevano chiesto un risarcimento complessivo di un milione di euro.

 

I legali di Scalco nell'udienza di dicembre, in una lunga arringa difensiva avevano sottolineato che il loro assistito aveva scoccato la freccia in dieci minuti di follia dovuti alla lite e alle provocazioni delle due persone che erano in strada (la vittima e un suo amico ndr), sotto le sue finestre: "Ha avuto un blackout che lo ha portato a commettere un gesto di cui si è subito pentito, non voleva uccidere e né ferire ma solo spaventare. Scalco è un incensurato e non è razzista, per lui parla la sua vita, ha vissuto navigando fra l'Italia e l'estero e ha una compagna argentina. Il nostro assistito da allora - hanno aggiunto i due legali - è un uomo distrutto, si è subito pentito di quanto ha fatto e la prima volta che ci ha incontrato ci ha chiesto ad aiutarlo a capire perché aveva reagito così e come poteva aiutare la famiglia della vittima e ancora adesso ci chiama due o tre volte la settimana per chiederci come può convivere con quanto ha fatto. Per questo a nostro avviso deve prevalere il ragionevole dubbio su tutto quello che non è certo e tutte le congetture che fa il pm, come il fatto che volesse togliere la freccia per nasconderla, non sono state provate”.

Per i legali di Scalco, che è agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Cittiglio, comune in provincia di Varese, la pena adeguata, quella prevista per l'omicidio preterintenzionale, "è fra i 12 e 18 anni", "il nostro obiettivo è evitare l'ergastolo" aveva detto l'avvocato Pensa.

Javier Miranda Romero, la vittima, 41 anni, era un impresario edile che abitava a Marassi, padre oltre che del figlio di cui festeggiava la nascita anche di una ragazza di vent'anni sempre presente in aula.

Javier la notte della tragedia era andato nel centro storico con un amico per festeggiare la nascita del bimbo avuto con la seconda moglie a cui era andato a fare visita in ospedale poche ore prima di essere ucciso.

Il pm Ciavattini nella requisitoria aveva usato parole molto dure per l'imputato: "Scalco ha stroncato la vita di un uomo nel fiore dei suoi anni. Ma a un anno di distanza, non ha messo a fuoco molto quello che è successo visto che si è pure dimenticato che la vittima ha una figlia di 18 anni. È solo concentrato su se stesso e non sulle conseguenze delle vite degli altri e ha colpito perché lo avevano insultato, come lui stesso aveva ammesso all'inizio, perché gli era stato mostrato il dito medio".

Il magistrato aveva anche detto: "Scalco si è intestato un malinteso senso di supremazia morale e civile. Lui è convinto che le condizioni di degrado del centro storico di Genova sia dovuto alla massiccia presenza di stranieri. Per questo li insulta. Ha l'idea che la mera appartenenza a un certo gruppo etnico sia espressiva di una qualche forma di inferiorità, che essere straniero si accompagni a un modo di vivere irrispettoso che porta all'esasperazione dei cittadini".

Ancora più grave, agli occhi del pm, è stato il comportamento tenuto dall'imputato dopo il delitto "perché denota la totale assenza di ogni resipiscenza, non curanza della sorte della vittima. Lui sapeva benissimo che cosa aveva lanciato nell'addome e tanto bene lo sapeva che l'unica cosa che aveva in mente era di estrarre quella freccia che lo inchiodava a quel delitto. È questa la fase più riprovevole. E lui invece non ci ha pensato a chiamare i soccorsi. Ha provato fino all'ultimo, contro ogni pietà umana, di estrarre la freccia senza nemmeno pensare che l'emorragia interna sarebbe dilagata e che la vittima non ci sarebbe nemmeno arrivata in ospedale"

Per risarcire i danni gli avvocati delle parti civili Jary Felice  e Francesca Palmero che rappresentano la vedova, i due figli e una sorella di Romero hanno chiesto attraverso i legali un primo indennizzo complessivo di oltre un milione di euro. I familiari di Scalco, (la compagna Gloria è sempre presente in aula con una amica), le cui condizioni economiche sono modeste, hanno già versato una somma di 10 mila euro ai congiunti della vittima a cui verseranno anche il denaro che raccoglieranno con un apposito conto corrente da loro aperto.

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