GENOVA - Il presidente della Regione Liguria da due mesi indagato e ai domiciliari per corruzione non si candiderà per la terza volta. Lo ha riferito il suo avvocato dopo la presentazione dell'istanza di revoca dei domiciliari al tribunale del Riesame
I giudici decideranno entro due o tre giorni se il presidente potrà tornate libero o, in subordine, ottenere un obbligo di rimanere nel comune di Ameglia, nello spezzino, dove abita, o il divieto di soggiornare a Genova.
La richiesta è stata presentata oggi in udienza dall'avvocato Stefano Savi con il presupposto che non sussistono più i requisiti per mantenere le misure in atto che potrebbero sussistere in forma attenuata.
Terza istanza di Savi la revoca della cancellazione assoluta del divieto di comunicazione, fatti salvi i contatti diretti con persone collegate all'inchiesta in corso.
L'avvocato in una nota ufficiale ha svelato anche una importante notizia politica, svelando che alle prossime elezioni Toti non si candiderà: "Le prossime elezioni riguardano il rinnovo del Consiglio Regionale, e non possono ritenersi rischio attuale, vista la distanza di un anno e tre mesi dalla loro celebrazione, né concreto, visto che Giovanni Toti non parteciperà".
La Procura ha ribadito il suo parere contrario alla revoca delle misure e detto no anche alle possibili subordinate perché l'indagato potrebbe inquinare le prove dato che le indagini non sono ancora concluse.
"Ognuna delle misure alternative proposte - ha spiegato Savi - anche se con modalità diverse, appare tale da riequilibrare, almeno parzialmente, le esigenze di inchiesta a quelle di agibilità politica e istituzionale del governatore.
Un equilibrio che anche la Corte Costituzionale ritiene indispensabile e non valutato adeguatamente nel caso di specie, come sottolinea un parere elaborato dal presidente emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese".
Savi ha anche precisato: "Riteniamo che dopo oltre due mesi di custodia cautelare questa misura oltremodo afflittiva e non necessaria per la tutela della inchiesta, nei confronti di un governatore che, bene ricordarlo, non è accusato di aver intascato un euro né utilità personali, ma solo di finanziamenti pubblici e registrati alla propria forza politica. E abbiamo proposto al Tribunale una serie di misure che riterremmo più coerenti con i dati di fatto e di diritto a partire dalla totale revoca degli arresti domiciliari ma anche il divieto di dimora a Genova, che manterrebbe, per la Severino, la sospensione dall'incarico istituzionale di presidente (analoga misura è stata adottata nel caso Pittella, in Basilicata), l'obbligo di dimora nel Comune o provincia di residenza che, pur annullando la sospensione della carica istituzionale, tuttavia ne sottoporrebbe l'esercizio a un fattivo controllo del giudice autorizzante ogni spostamento (analoga misura è stata applicata al caso a Oliverio in Regione Calabria) e la cancellazione del divieto assoluto di comunicazione, fatti salvi i contatti diretti con persone collegate all' inchiesta in corso".
L'appello di Savi arriva a due mesi dal deflagrare dell'inchiesta per corruzione. L'istanza è stata presentata il 20 giugno. Nel suo ricorso Toti ha ribadito di non avere "commesso reati" e di avere "agito sempre nell'interesse della Regione" aggiungendo però che, per il futuro, "non chiederà più finanziamenti ai privati nelle modalità" usate prima dell'inchiesta.
Lunedì scorso il Riesame aveva rigettato la richiesta di scarcerazione peer Paolo Emilio Signorini (unico detenuto in carcere) perché le soluzioni individuate per i domiciliari - un'abitazione a Genova messa a disposizione da una parente oppure ad Aosta dal fratello - non erano apparse ai giudici sufficientemente tranquillizzanti circa il rischio di inquinamento probatorio.
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