Cultura e spettacolo

Il film appena presentato a Cannes esce oggi nelle sale italiane
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di Dario Vassallo

A 83 anni, un anno dopo aver portato a Cannes ‘Esterno notte’ sul rapimento e la morte di Aldo Moro, Marco Bellocchio torna sulla Croisette, questa volta in concorso, guardando ancora una volta la politica attraverso il personale, incrociando una tragedia familiare con un episodio fondamentale della storia italiana legato alla fine dello Stato Pontificio. Una vicenda di tale assoluta malvagità che sarebbe difficile da credere se non fosse meticolosamente referenziata con tempi, date e luoghi precisi. Tutto quello insomma che serve allo scopo più ampio del regista: inserire l’episodio all’interno della sanguinosa realtà dell'unificazione dell'Italia come stato laico.

Nel giugno 1858, a Bologna, Edgardo Mortara, 6 anni, fu rapito, tolto alla sua famiglia ebrea per essere cresciuto in un seminario cattolico con la scusa che una domestica, quando lui era un bambino in apparenza gravemente malato, senza dire nulla lo aveva battezzato d’urgenza perché temeva che da morto sarebbe andato nel limbo. L'unico modo per i genitori di riaverlo è convertirsi al cattolicesimo, cosa che rifiutano di fare. Il film segue il lungo e traumatizzante viaggio di Edgardo dalle mani della  famiglia a quelle di un perfido Pio IX che lo porta in Vaticano insieme ad altri ragazzi ebrei costretti a imparare il catechismo e trasformarsi in cattolici obbedienti. Intanto il padre fa il possibile per recuperare il figlio, interessando perfino la stampa tanto che l’episodio avrà un’eco internazionale assumendo rapidamente una dimensione politica. Ma il Papa rifiutò di restituire il bambino e alla fine Edgardo divenne un prete convinto e un veemente partigiano della chiesa mentre lo Stato pontificio si sgretolava e le truppe sabaude conquistavano Roma.

Con ‘Rapito’ (che sce oggi nelle sale italiane) Bellocchio racconta insomma una storia vera che indaga l’antisemitismo italiano e le follie della chiesa cattolica. Ciò che sembra affascinarlo di più non sono tanto i personaggi che sembrano stereotipi, siano essi ebrei o cattolici, ma ciò che racconta di un'epoca in cui il reazionario Pio IX iniziò a perdere il potere di fronte al neonato Regno d'Italia, un pontefice visto nel film come un delirante fanatico conservatore letteralmente con la bava alla bocca la cui sete di potere e paura degli ebrei lo porta a posizioni estreme. Con l’aggiunta di altre scene che si crogiolano nell'ipocrisia di una chiesa che faceva il lavaggio del cervello ai giovani italiani, insegnando loro la pietà e allo stesso tempo torturandoli psicologicamente.

Bellocchio estrae dalle pagine della Storia un vero crimine politico pochissimo conosciuto. È un melodramma a tutto campo che mettendo in scena una vicenda di abusi sui minori ha l'appassionata veemenza di un Victor Hugo o un Charles Dickens mostrandoci una brutale convulsione di tirannia, potere e fanatismo. Un film classico e cupo come un tuffo nell'oscurantismo, forse con poca sottigliezza ma audace e controverso affrontando temi come religione, potere e resistenza di fronte all'ingiustizia. Il fatto poi che Edgardo sia morto nel 1940, appena un anno dopo la nascita di Bellocchio, ricorda che questa iterazione della Chiesa cattolica non è poi avvenuta molto tempo fa. ‘Rapito’ non è certo un film perfetto ma come lezione di Storia è un altro duro promemoria dei mali perpetrati dalla Chiesa cattolica e dei crimini compiuti contro la fede ebraica che ci obbliga a ricordare e a ripensare ad un passato non così lontano come si potrebbe credere.