Cultura e spettacolo

L'intervista di Primocanale al fotoreporter all'interno della mostra "Children" a Palazzo Ducale
5 minuti e 21 secondi di lettura
di Silvia Isola

GENOVA - I suoi occhi, prima delle sue lenti, hanno visto culture profondamente diverse e lontane, hanno incontrato le storie prima dei soggetti dei suoi scatti. E a dialogare con uno dei fotoreporter più conosciuti e apprezzati al mondo come Steve McCurry verrebbero in mente domande su domande, perché ogni fotografia cela un ricordo, una sensazione, un'emozione, un racconto, un viaggio. Ogni fotografia, dalle più celebri come la sua ragazza afghana che dalla copertina di National Geographic fece il giro del mondo, a quelle meno note, racchiude un'intera umanità. A Palazzo Ducale è tornato il grande fotografo che ha salutato il pubblico nello spettacolare allestimento dal titolo "Children", una riflessione sull'infanzia attraverso i volti dei più piccoli che in quasi 50 anni di carriera sono stati catturati dal suo obiettivo. In occasione della sua visita e della sua lectio magistralis nel Salone del Maggior Consiglio, il Comune gli ha conferito la Medaglia Città di Genova, il riconoscimento più importante che l'amministrazione può consegnare a personaggi illustri. 

Dietro ad ognuno dei volti di questi bambini c'è una storia. Può raccontare quella che lo ha impressionato di più?
Penso che uno dei bambini più interessanti che abbia mai fotografato fosse un piccolo ragazzo soldato che, quando l'ho incontrato, stava sorvegliando il suo quartiere con addosso tutte queste munizioni e una grande arma. E sono rimasto davvero colpito dalla sua giovinezza e dal fatto che si trovasse in questa situazione di guerra. Così l'ho fotografato senza sapere il suo nome. Ma, circa 25 anni dopo, mi è capitato di tornare a Kabul e qualcuno mi ha fermato e mi ha detto, "Oh, sei tu, hai fotografato questo bambino e lui vive nel mio quartiere. Vuoi incontrarlo?". Così abbiamo organizzato l'incontro e siamo diventati amici. Da allora, lo ho aiutato, contribuendo a sostenere la sua famiglia. Ora lui vende succhi e abiti usati per le strade di Kabul. Penso che sia una delle storie che più mi hanno appagato, dove sono riuscito effettivamente a tornare indietro e aiutare "questo bambino" che ora è padre di sei figli.

Tutte le foto che ha realizzato sono dei capolavori, quasi come fossero dipinti. Qual è stata la foto più difficile da fare e perché?
Beh, sai, penso che le foto più difficili siano quelle in cui incontri una situazione incredibile e non hai tempo per scattare la foto, per trovare l'inquadratura giusta, per passare del tempo con un soggetto, devi agire in maniera estremamente veloce. Poi ti rendi conto che avresti voluto avere più tempo con quel bambino o con quel soggetto. Ma, sai, la vita è fugace, è fatta di momento per momento. A volte non hai tempo e devi prendere quello che ti viene dato. E a volte quello che ti viene dato è solo quel momento.

Qual è il procedimento che c'è dietro ad una di queste fotografie? Come si ottiene lo scatto perfetto?
Non c'è mai uno scatto perfetto. Si fa sempre del proprio meglio. A volte lavori per mesi o anni e occasionalmente ottieni qualcosa di meraviglioso. Di solito, gran parte del lavoro non è eccellente perché la situazione, la luce, lo sfondo o il momento o l'espressione non erano giusti. Ma fai del tuo meglio. E alla fine, devi solo analizzare tutto il lavoro e trovare quelle poche perle che rendono gli sforzi validi. Ma ci sono centinaia di foto che spesso non funzionano per una ragione o per un'altra.

Una vita trascorsa viaggiando: in alcuni luoghi, il tempo sembra essersi fermato, una volta che si è fatto ritorno. In altri, ha documentato i cambiamenti che ci sono stati. Ma dove appartiene il suo cuore? A casa o in uno dei paesi che ha visitato?
Penso che il mio cuore appartenga a casa con mia figlia di sette anni. Si chiama Lucia. Quindi è lì che appartengo. Ora che ho questa bellissima bambina, voglio essere a casa con lei. Viaggiamo insieme e siamo stati in tutto il mondo. Veniamo in Italia almeno un paio di volte all'anno. Quindi direi che il mio cuore appartiene sia a casa con lei sia qui in Italia, ma spesso posso unire le due cose. 

Ha iniziato questo lavoro con grande coraggio. Qual è il suo consiglio per i giovani fotografi oggi? Devono preoccuparsi dell'intelligenza artificiale?
Il mio consiglio per i giovani fotografi è essere pronti a lavorare sodo. Devi lavorare sodo. Devi avere la forza d'animo. Devi avere coerenza. Devi imparare la storia della fotografia. E poi è come imparare qualsiasi altra abilità, che sia la chitarra, l'architettura, la medicina, richiede solo molto sforzo e tempo. Questo è il mio consiglio principale. L'intelligenza artificiale è una sfida enorme. Probabilmente non comprendiamo nemmeno ora quali potranno essere le ramificazioni. Ma qualunque cosa sarà, sarà un cambiamento epocale. Sarà probabilmente rivoluzionario in termini di fotografia, immagini, cinema, pubblicità. Non possiamo nemmeno immaginare quanto grande sarà l'impatto.

Non sarà pericoloso?
Speriamo! Il rischio che ci sia un grande potenziale per cattivi attori di fare cose straordinarie con l'intelligenza artificiale, facendo disinformazione, c'è. Quindi dovremo essere molto saggi, molto vigili per assicurarci che non corrompa il nostro mondo. E dobbiamo essere molto attenti.

Genova ti premierà. Cosa pensi di questa città?
Oh, amo Genova. Amo tornare qui. Amo girare per le strade, fotografare. Per me è un grande onore. Sono davvero entusiasta per questo premio e sono felice di essere qui. E amo questo spazio e questa mostra. È davvero un grande onore.

Questi occhi ci stanno guardando, come possiamo aiutarli, cosa dobbiamo fare per questi bambini, senza dimenticare che nuove guerre stanno scoppiando, come in Ucraina e in Palestina. Cosa possiamo fare?
Penso che quello che possiamo fare è informarci sempre, cercare di capire cosa sta succedendo nel mondo in cui viviamo e poi cercare di agire in qualche modo, fare qualcosa, anche se è una piccola cosa. Penso che la fotografia sia una piccola azione, ma penso che dobbiamo cercare di fare del nostro meglio, fare la nostra parte, forse muovendo l'opinione pubblica e facendo così pressione sui governi.

In conclusione, quali sono i prossimi progetti?
Al momento sto lavorando su un paio di libri che racchiudono parte della mia opera e della mia fotografia. Continuo a viaggiare: quest'anno sono stato in Antartide. Sono stato in Myanmar questa estate. Tornerò in Italia, andrò in Giappone. Quindi continuo a cercare di raccontare storie sul mondo in cui viviamo. E per me, questo è così appagante e spero che le foto possano aiutare a illuminarci su chi siamo e sul mondo in cui viviamo.

 

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