Politica

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di Stefano Rissetto

A vuoto anche il sesto scrutinio, nel giorno che per la prima volta ha visto i Grandi Elettori votare due volte. Grottesco il dettaglio di una scheda in più finita nell'urna rispetto al numero dei votanti: qualche burlone ne ha prese due e le ha messe entrambe nel contenitore.

Se nel primo pomeriggio la candidatura di Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato, è stata bocciata dagli stessi franchi tiratori del centrodestra (sulla carta la presidente del Senato poteva contare su circa 450 voti, ma all’appello ne sono mancati 71), mentre il centrosinistra aveva scelto la presenza in aula senza ritiro della scheda, la votazione serale ha avuto esito speculare.

A “vincere” fragorosamente lo scrutinio vespertino è stato Sergio Mattarella, che il 3 febbraio decade dal mandato e che molti ancora sperano receda dall’indisponibilità al bis, peraltro più volte manifestata.

Con il quorum a 505, Mattarella ha preso il maggior numero di voti: ben 336 preferenze. Gli astenuti sono stati 444 e 106 le schede bianche. Le altre preferenze di rilievo sono state per Di Matteo (41), Casini (9), Manconi (8), Cartabia e Draghi (5), Belloni (4) e Giuliano Amato che nel giro di poche ore è destinato a diventare presidente in un palazzo di piazza del Quirinale, ma quello antistante: Palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale di cui il giurista ex presidente del consiglio e ministro è giudice dal 18 settembre 2013.

Il naufragio della candidatura Casellati riapre la strada a Mario Draghi, anche perché il nome di Elisabetta Belloni, il capo dei servizi segreti, pur riemerso tra i due voti di giornata non incontra i favori di tutti i centristi. “Se il nome sarà questo - dice Matteo Renzi - noi proporremo di non votarlo. Non penso che sia possibile votare il capo del Dis alla presidenza della Repubblica. C'è un codice etico ed istituzionale”. La stessa Forza Italia “nutre forti perplessità - riferiscono fonti qualificate interne - sull’eventualità che ci possa essere un tecnico come presidente del Consiglio e un tecnico come presidente della Repubblica”. Affermazione che potrebbe essere letta come una sponda per Pierferdinando Casini, nell’uno o nell’altro ruolo, mentre è noto che l’attuale presidente del Consiglio avrebbe già indicato informalmente da tempo il ministro del Tesoro Daniele Franco come successore ideale. Nel pomeriggio è spuntato per Palazzo Chigi anche il nome di Giancarlo Giorgetti che, pur leghista, è l’esponente verde più apprezzato sulla sponda opposta e dallo stesso Draghi.

La notte porterà consiglio? Il settimo voto è previsto per sabato 29 gennaio alle 9,30.