Una prima uscita pubblica amara per il campo larghissimo in Abruzzo, dove l'alleanza che partiva da sinistra per arrivare al centro, non è riuscita a ribaltare i pronostici iniziali. Il presidente uscente di Fratelli d'Italia Marsilio si è così confermato, facendo tirare un respiro di sollievo alla premier Giorgia Meloni, dopo la sconfitta di due settimane prima in Sardegna. A modo loro, Partito democratico e Movimento Cinque Stelle si leccano le ferite, nonostante il candidato D'Amico abbia tentano una scalata che fino a novembre sembrava impossibile: erano 20 i punti percentuali di differenza tra centrodestra e centrosinistra, ridotti a circa 7 durante il voto di domenica scorsa.
Ad aver definito "modesto" il risultato grillino è stato lo stesso presidente Conte, il suo partito infatti ha perso circa 75 mila voti rispetto alle Politiche del 2022. I detrattori del cosiddetto campo largo hanno derubricato la caduta di consensi al rifiuto dell'alleanza troppo allargata, che comprendeva anche Azione di Calenda e Italia Viva di Renzi, da sempre acerrimi nemici del Movimento. Un'analisi che non si discosta dalla realtà, probabilmente la corsa affannosa della segretaria dem Schlein, verso un campo a tutto tondo, non piace agli elettori grillini, ma tantomeno ai centristi, anche quelli del suo partito. È proprio il Pd, però, ad aver ottenuto un buon risultato in Abruzzo, superando il 20%. Ma non basta, senza alleanza il centrosinistra è destinato a perdere tutte, o quasi, le partite. E lo sanno bene anche in Liguria, dove in piazza De Ferrari i dem non siedono nelle poltrone che contano da quasi dieci anni.
L'obiettivo per Elly Schlein e i suoi, è quello di creare le condizioni per essere appetibili e protagonisti nella sfida, correre in solitaria non porta a nulla, come sussurra il segretario regionale del Pd in Liguria Davide Natale. Il centrodestra, da trent'anni a questa parte, con Berlusconi docet, corre insieme o diviso, dipende dalle condizioni, ma colpisce sempre unito. E il centrosinistra? Non ci prova neanche, si sfilaccia ancora prima di iniziare. La storia della Seconda Repubblica insegna, e ne sa qualcosa l'ex presidente Prodi. "No a una sommatoria di sigle" è il monito che arriva da Davide Natale, che sta lavorando da mesi a un progetto che possa tenere insieme le idee del suo partito ma anche quelle degli altri, "con una coalizione sociale prima e politica dopo". Il Partito democratico, gioco forza, dovrà fare da traino e da collante, numeri alla mano, per intavolare un progetto e favorire la ricerca di un candidato giusto, vincente, come avvenuto in Sardegna con Todde. Ma al momento, il segretario dem, non vuole sentir parlare di profili candidabili, anche se proprio a Primocanale, qualche mese fa, aveva "giurato" che il nome "verrà scelto entro settembre" (LEGGI QUI).
"Faremo un confronto con i nostri alleati e con il campo di associazioni, movimenti e singoli cittadini che vorranno sostenere il cambiamento in Liguria, e con loro cercheremo di trovare il miglior candidato per cambiare questa Regione" ha spiegato il segretario Natale. E se è vero che i politici sono allergici a nomi e date, è altrettanto vero che i potenziali elettori, più o meno delusi, si aspettano un atteggiamento diverso dalla dirigenza ligure, memori delle ultime corse al fotofinish di Regione e Comune di Genova. Per la cronaca, finite male. A chiedere di accelerare i tempi è lo stesso Mov5s ligure, a cui fanno eco da mesi le parole del consigliere regionale di Linea condivisa Gianni Pastorino, che chiede di individuare il candidato alla presidenza, tassativamente, entro l'autunno del 2024.
Se a livello nazionale e in altre regioni italiane non sempre l'accordo tra Pd e Movimento si concretizza, in Liguria sono anni che i due partiti provano a correre insieme e a fare opposizione unitaria sia in Regione che in Comune. A conferma di ciò, le parole al miele del capogruppo grillino in consiglio regionale Fabio Tosi: "Se vogliamo governare bisogna andare in coalizione, ci dovrà essere una persona giusta, un candidato politico. Vedremo a dove porterà la discussione dopo le Europee". Non ci gira troppo intorno Tosi, che manda un messaggio chiaro ai suoi colleghi: nessuna perdita di tempo, il 2025 è più vicino di quello che si pensa. "Chi sarà il candidato presidente dovrà farsi conoscere per tempo e non presentarsi negli ultimi due/tre mesi, non possiamo permetterci una campagna elettorale di corsa che verrebbe, assolutamente, fatta male. Bisogna trovare una persona con un ampio consenso e con una presentazione di un certo tipo fatta con i tempi giusti" incalza Tosi.
Se la strada, per l'ala progressista della coalizione sembra già segnata, rimane ancora un grande punto interrogativo sul ruolo che rivestirà Azione in Liguria. Da Roma, il leader Calenda, confonde perennemente i suoi: Conte sì, Conte no, e di nuovo Conte sì ma solo a livello locale. Qui intanto, a imbastire un confronto con Pd, Mov5s e Sinistra dovranno essere Lodi da una parte (segretaria regionale di Azione) e il consigliere Rossetti, a cui arriva la stoccata, nemmeno troppo velata, di Tosi. "Io sono una persona che parla con tutti ma alcune volte qualcuno dovrebbe capire cosa vuol fare domani perché ogni giorno, a seconda di come scende dal letto, ne dice una diversa". Nel frattempo, tutto l'alveo del centrosinistra dovrà capire quale sia il modello da seguire: la Sardegna vincente, o l'Abruzzo perdente (ma non troppo).
IL COMMENTO
Situazione drammatica, presidente Meloni serve incontro urgente
La Liguria vuole tornare a correre, al via i cento giorni di Bucci