Porto e trasporti

Ogni settimana, nel mondo, stop per 500 mila contenitori; ripercussioni anche per il porto di Genova
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GENOVA - Nuovo colpo al traffico mondiale di container, dopo dopo la guerra in Ucraina, la crisi di Suez e del Medio Oriente e quella di Panama: “Esportatori e spedizionieri guardano con estrema preoccupazione alla situazione che da oggi bloccherà i porti della Costa Est degli Stati Uniti  e del Golfo del Messico. Gli Stati Uniti sono il primo partner commerciale dell’Italia fuori dall’Europa. Con lo sciopero, ogni settimana, si stima che a livello mondiale saranno circa 500 mila i contenitori che non potranno sbarcare o raggiungere le destinazioni finali. Un danno gravissimo all’economia USA, ai suoi consumatori, ma anche agli esportatori, che certamente vedranno lievitare il costo dei noli già nelle prossime settimane”.

Non usa mezzi termini Giampaolo Botta, direttore generale Spediporto, per esprimere tutta la sua preoccupazione in merito all’agitazione che sta iniziando nei porti della parte orientale degli Stati Uniti. Uno sciopero, che arriva a quasi un anno dal primo attacco dei ribelli Houthi contro le navi in transito nel canale di Suez, e che rischia, dunque, di mandare nuovamente in crisi il mercato mondiale dei contenitori, con perdite giornaliere che JP Morgan stima tra i 3,8 e i 4,5 miliardi di dollari.

Va ricordato come lo sciopero interessi 36 porti situati sulla costa orientale degli Stati Uniti e nella zona del Golfo del Messico; l’astensione dal lavoro, proclamata dall’lnternational Longshoremen's Association (ILA), coinvolge circa 45 mila addetti, e paralizzerà le attività di scali in grado di movimentare tra il 40 e il 50% dei volumi di tutti i porti statunitensi. Le perdite di volume in un mese, potrebbero raggiungere i due milioni di contenitori (dati presentati al FIATA Congress di Panama, dove Spediporto era presente proprio con il Direttore Generale Botta e il Presidente Andrea Giachero).

Anche i porti del Mediterraneo subiranno pesanti ripercussioni: sono a rischio, ogni settimana circa 71000 contenitori, in ambo le direzioni, sull’asse con la costa orientale degli Stati Uniti. Nazione quest’ultima che, per il porto di Genova, rappresenta un riferimento imprescindibile: gli ultimi dati disponibili da parte di Autorità di Sistema Portuale, riferiti al 2022, parlano di 336 mila contenitori movimentati tra imbarco e sbarco. Una cifra superiore a quella legata, ad esempio, a tutte le destinazioni europee.

“Un ulteriore elemento di destabilizzazione della filiera logistica – osserva Botta - che dovrà essere affrontato dagli operatori. Infatti, dopo l’Ucraina, la crisi di Suez e del Medio Oriente, quella di Panama, ora arriva anche lo shut down dei dockers della East Coast a togliere il sonno agli operatori”.

Peraltro, lo sciopero si inserisce in un momento cruciale per la politica statunitense, visto che mancano 36 giorni alle elezioni presidenziali; nel frattempo il Presidente uscente Biden ha già dichiarato di non voler intervenire per fermare la protesta.

Come cercare, dunque, di arginare i problemi che si verranno a determinare? La soluzione alternativa più gettonata, al momento, è quella relativa all’utilizzo dei porti della West Coast (o del Canada), ma gli operatori stanno puntando anche sul cargo aereo e su una più accurata gestione delle scorte per evitare interruzioni nella catena di approvvigionamento.

Cosa possono augurarsi, dunque, gli operatori? “Ovviamente – spiega il direttore generale di Spediporto - che la situazione possa trovare una rapida soluzione già nei prossimi giorni. Il tema entrerà prepotentemente nel confronto politico legato alla campagna elettorale di queste settimane e questo potrebbe essere un elemento favorevole per individuare rapidamente una soluzione”.