Rispetto al tema di frontiera della telemedicina, il covid ha rimarcato la necessità di poter curare a distanza e molti passi avanti sono stati fatti. Per esempio sulla telediagnosi di alcune patologie neurologiche.
Ne abbiamo parlato con il direttore della neurologia del San Martino Massimo Del Sette: "Il tema della telemedicina è stato sollevato nel corso della pandemia dove ci siamo trovati a curare le persone a distanza, tramite telefono cellulare oppure nelle situazioni più particolare tramite videochiamate in cui abbiamo messo in contatto i pazienti dei ricoverati. Da lì è partito l'interesse verso tutto quel che può esser fatto in medicina a distanza".
Continua Del Sette: "Prendendo spunto dalla pandemia si sono sviluppati tentativi di utilizzare in una certa misura le tecnologie che oggi abbiamo per poter curare le persone anche in parte se non sono presenti. Questo accade già, il PNRR prevede un finanziamento per lo sviluppo della telemedicina perché il principio generale è curare le persone a casa o vicino a casa loro. C'è tutto un progetto di sviluppo delle case di comunità per evitare il sovraffollamento degli ospedali che dovrebbero occuparsi della cura delle malattie acute. Le malattie acute quindi - ictus, infarto miocardico ecc - si curano in ospedale e le malattie croniche possono essere curate anche a casa".
Cosa riusciamo a fare a distanza? "Quel che già esiste è la telerefertazione per immagini: quando una persona ha un problema neurologico e va in ospedale dove non ci sono competenze di alto grado su alcune patologie ecco che l'immagine dall'ospedale periferico può essere inviato all'ospedale centrale che valuta la TAC, la risonanza e decide il da farsi. Questo è già realtà nella nostra regione", conclude il professor Del Sette.
IL COMMENTO
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