GENOVA - "Ho i capelli bianchi, lavoro in ospedale da più di 20 anni anni e sto valutando di spostarmi in Bahrain: mi offrono 20mila euro al mese, che sono dieci volte di più di quello che prendo nell'ospedale ligure dove lavoro, una casa e un'auto". A raccontare la proposta a Primocanale è un medico ligure che vuole restare anonimo.
"E' inutile girarci intorno noi medici dobbiamo essere pagati di più - spiega a Primocanale - e se fosse così anche le liste d'attesa si abbatterebbero ne sono convinto dopo oltre due decenni passati in ospedale. Gli stipendi italiani sono al decimo posto nel mondo e soprattutto restano immobili".
"Sono un dermatologo e facendo un calcolo semplice per ogni visita che faccio prendo 6,50 euro ma con quella visita posso scoprire un melanoma e salvare la vita a una persona - racconta - ma se sbaglio devo avere una assicurazione altrimenti sono rovinato, non è giusto. In un giorno in una struttura privata si può arrivare a prendere quasi come uno stipendio di un mese in Asl".
"Noi medici vogliamo solo essere pagati il giusto, perché un notaio o avvocato prende più di noi che lavoriamo in ospedale?"
"Io ora ho i figli grandi e sto valutando seriamente di lasciare la Liguria e l'Italia, ma lo dico con amarezza - prosegue - i politici promettono sempre le stesse cose ma la prima cosa che serve è pagarci per quello che facciamo".
"I politici devono smettere di prenderci in giro, non si devono sorprendere che nessuno vuole più lavorare soprattutto in certi reparti, sembrano vivere su un altro pianeta".
A livello nazionale la fuga di medici e infermieri all'estero non accenna a rallentare, anzi: secondo l'associazione dei medici di origine straniera in Italia (Amsi) e dell’Unione medica euro mediterranea (Umem) se tra maggio e agosto le richieste sono aumentate del 40%, il dato è schizzato del 65% da settembre.
Negli ultimi cinque anni sono circa diecimila le richieste di informazioni da parte di professionisti della sanità sulla possibilità di lavorare nei Paesi del Golfo. Una media di duemila l’anno. In sei mesi del 2023, da maggio al 30 ottobre, siamo arrivati a quota 1.700, per l’80% appartenenti a strutture pubbliche.
Medici e operatori sanitari in cerca di uno stipendio migliore ma soprattutto di una qualità di vita più alta tra tempo a disposizione e soddisfazione professionale.
I professionisti della sanità in fuga dal sistema sanitario nazionale sono diversi: dai chirurghi in burnout soprattutto dopo il Covid, allo specializzando che teme di non avere un contratto adeguato, al primario stanco di uno stipendio sempre uguale, tra loro anche la coppia medico-infermiere (il 25%) che vuole scommettere su un'altra vita.
A una lettura superficiale può sembrare sia solo una questione economica, che sicuramente conta, ma non è solo questo chi vuole lasciare la sanità italiana e partire lo fa anche per le aggressioni sempre più frequenti, stress e mancanza di valorizzazione, la sanità pubblica - per chi ci lavora - non mantiene le promesse e si perde in burocrazia e 'si è sempre fatto così' per non parlare di veri e propri settori e reparti intoccabili.
Quasi nessuno si ferma al mero nodo dello stipendio, che pure conta: chi vuole partire lo fa perché stanco, per mancanza di sicurezza e per le aggressioni sul lavoro, per sfiducia, stress e mancanza di valorizzazione da parte di una sanità, soprattutto pubblica, che non mantiene le promesse e si perde in una burocrazia desolante. Per i più giovani, c’è soprattutto la voglia di fare pratica ed esperienza altrove ma anche la paura di 'non farcela' qui da noi o di restare incastrati in un meccanismo che scoraggia carriere e legittime aspirazioni personali.
IL COMMENTO
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