"A Genova e in particolare al Ponente genovese serve il terzo hospice, le richieste aumentano soprattutto da quel territorio e sarebbe importantissimo che con il presidente della Liguria Marco Bucci si riuscisse a concludere un percorso iniziato con l'assessore alla sanità precedente Angelo Gratarola". Così il professor Franco Henriquet, presidente e fondatore della Gigi Ghirotti, lancia un nuovo accorato appello dagli studi di 'People - cambia il tuo punto di vista' dopo quello fatto sempre dai microfoni di Primocanale lo scorso aprile.
Il Ponente in sofferenza
"Noi ci eravamo già impegnati ancora prima del Covid e si era arrivati anche a un consenso da parte della Regione ovviamente per un convenzionamento - racconta Henriquet - perché era fondamentale avere uno per l'hospice poi però il Covid ha interrotto questo percorso e adesso negli ultimi mesi abbiamo cercato di riprenderlo. "Il municipio del Ponente, quello di Sestri, Voltri e Pra' hanno fatto una delibera proprio per poter realizzare questo terzo hospice ed eravamo arrivati già a un certo punto, anche con un incontro con l'allora assessore alla sanità Angelo Gratarola poi però si è fermato tutto".
Un asilo la possibile struttura
L'appello quindi al nuovo presidente della Liguria Marco Bucci: "Mettiamoci a lavorare concretamente e non soltanto con le parole, cercando di condividere questa iniziativa e poi mettendosi in campo, trovando la struttura che noi avevamo identificato in un ex asilo chiuso da cinque anni circa perchè non c'erano più bambini - sottolinea - noi abbiamo anche messo a disposizione dei fondi nostri per poterlo ovviamente strutturare e ristrutturare e spero veramente che questo possa realizzarsi nei prossimi mesi".
Il prof e la moglie Anna
Il prof. Franco Henriquet insieme alla moglie Anna, in una rarissima intervista insieme, ha raccontato la storia di questi 40 anni che hanno cambiato l'assistenza dei malati terminali non solo in pratica ma anche nella cultura. Con precisione, passione e forza nonostante i 94 anni compiuti a maggio, il prof, come tutti a Genova lo chiamano, ha sottolineato la carenza di medici. Quarant'anni di attività e la consapevolezza di quanto ci sia ancora molto da fare: "500mila persone in Italia potrebbero avere bisogno di cure palliative ma secondo i dati del ministero le assistenze domiciliari sono state meno di 50mila quindi solo un decimo dei bisogni".
Come è nata la Gigi Ghirotti
"L'associazione non è nata dal nulla nel 1984, il lavoro in realtà è nato prima all'interno del San Martino - spiega Henriquet - io mi ero reso conto, lavorando all’interno di un reparto di chirurgia toracica, dove praticamente la gran parte dei malati erano malati di tumore, che questi malati erano aggravati da un dolore severo e anche dall'alta mortalità, il loro dolore però non era considerato e venivano dati dei farmaci che non erano i farmaci più appropriati per queste situazioni, erano negati i farmaci più utili e in particolare la morfina e gli oppioidi in generale ma la morfina che è il capostipite degli oppioidi e quindi io mi sono dedicato all’assistenza a queste malattie proprio per alleviarne il dolore".
I malati oncologici dimessi dall'ospedale sul territorio trovavano il vuoto e allora è lì e che è nata l’idea di un'associazione senza scopo di lucro che potesse anche andare all’esterno cioè seguire quei malati che erano seguiti all’ospedale ma che poi andando a casa trovavano appunto difficoltà di assistenza e quindi è nata nell’84 l’associazione Gigi Ghirotti.
La battaglia per la morfina
Il professor Henriquet con il suo lavoro è riuscito a sdoganare l'uso della morfina per i malati terminali cosa che oggi può sembrare banale e scontata ma 50 anni fa non era così. "Quando mi sono impegnato per seguire questi malati all’interno dell’ospedale di San Martino il primo impegno è stato quello di poter usare la morfina, un farmaco che allora era tenuto sottochiave soprattutto dal caposala perché c’erano delle leggi estremamente restrittive per questo farmaco e quindi la si usava soltanto in situazioni particolarmente acute come l’infarto cardiaco o la colica renale ma non era assolutamente previsto che potesse essere dato in linea programmatica e quindi più volte al giorno a un malato oncologico. Questo è stato il nostro primo impegno lenire il dolore dal punto di vista strettamente fisico poi ne sono venute tante altre".
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