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L’ex presidente continua a ribadire la propria disponibilità ma al momento le soluzioni proposte non hanno prodotto nessun risultato
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di Matteo Cantile

GENOVA - "A disposizione per progetti seri": l’ex presidente della Sampdoria Edoardo Garrone, l’uomo che il 12 giugno 2014 annunciò urbi et orbi di avere ceduto il club a un pittoresco imprenditore romano, fresco di patteggiamento di una bancarotta fraudolenta, ripete il suo mantra attraverso un singolare comunicato stampa, che ne richiama un altro di un paio di mesi precedente.

L’incursione dell’ex proprietario, anche se non corredata da citazione ufficiale, è conseguente all’intervista rilasciata al Secolo XIX da Pieremilio Sammarco, l’avvocato che sta assistendo Massimo Ferrero in questa fase drammatica. Nella parte finale della conversazione, il legale indugia sulle celebri parole pronunciate da Garrone l’11 giugno 2019, quando promise solennemente di fronte alle nostre telecamere, e poi nei nostri studi, che la Sampdoria non sarebbe fallita e che lui avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per evitare questo scenario: Sammarco aggiunge, sibillino, di avere offerto un incontro a Garrone per discutere la situazione ma di avere ricevuto un rifiuto.

Per l’ennesima volta la famiglia Garrone viene riportata al centro del dibattito che riguarda la disastrosa situazione societaria della Sampdoria e una volta ancora l’ex presidente sembra reagire in modo stizzito: vi ho dato la mia disponibilità, questo appare essere il retro pensiero dell’imprenditore, non chiedetemi nulla di più. Un atteggiamento comprensibile, se non fosse che le modalità con cui, ormai 9 anni fa, si concluse il passaggio di quote da una delle più solidi famiglie dell’industria italiana a un ignoto imprenditore romano costituiscono il ‘peccato originale’ da cui promana tutto ciò che è venuto in seguito.

Come a Primocanale abbiamo ribadito in diversi articoli, che ci sono costati grane giudiziarie che affrontiamo con la fiducia di chi sa di avere sempre svolto correttamente il proprio lavoro, nessuna persona obiettiva e informata può ignorare ciò che è successo a uno dei club più prestigiosi del calcio italiano. Ceduto dalla sera alla mattina senza alcun preavviso (ben venga la discrezione ma una squadra di calcio non è un’auto usata), annunciato in una conferenza stampa senza domande (sic!), passato di mano non solo senza esborso di denaro (fattispecie non rara nel mondo del calcio) ma addirittura ripulito dai debiti e con robuste dotazioni finanziarie. Qualcuno ha memoria di un’operazione analoga? Io no.

Non solo. È buona norma che gli imprenditori che si accostano al calcio siano finanziariamente molto solidi: questo non tanto perché da loro ci si aspetti l’antico ruolo del mecenate, le cose sono oggi molto diverse, ma perché gli investimenti nello sport sono estremamente volatili e chi ci si imbarca deve avere le spalle ben coperte. Nel medio periodo si possono persino ottenere degli utili, ma nel breve può essere necessario sostenere delle perdite: un proprietario che non abbia alcuna capacità finanziaria personale mette il club che gestisce nella scomoda posizione in cui la sopravvivenza è possibile solo se non si sbaglia un colpo. E non sbagliare mai non è possibile. Avere regalato il club a un uomo con il curriculum di Massimo Ferrero significa averlo messo direttamente a rischio, con una scelta ponderata e consapevole.

Ci sono poi altri aspetti di quella penosa vicenda che saltano agli occhi, alcuni in modo grottesco. Pensiamo ai famosi ‘filtri’ che Ferrero avrebbe superato: in cosa consistevano? Patrimonio personale, no. Storia imprenditoriale di successo, no. Rispetto delle regole, no. Esperienza nel mondo del calcio, no. Che cosa hanno chiesto, dunque, i professionisti che hanno vagliato questa stravagante candidatura?

Vi sono fatti più recenti, poi, che oggettivamente non quadrano. I piani di salvataggio della Sampdoria sono sembrati, infatti, quantomeno avventati: volendo essere capziosi si potrebbe persino ipotizzare, ma non è l’idea di chi scrive, sia chiaro, che certe strategie siano studiate proprio perché impossibili da attuare. Della serie, ‘Io ci ho provato, non è andata bene, pazienza’.

Due in particolare sono le ipotesi operative che Edoardo Garrone è apparso appoggiare con grande fiducia, entrambe proposte, almeno così ricostruisce la stampa, dal finanziere Alessandro Barnaba. La prima suggeriva al Consiglio di amministrazione della Sampdoria l’abbattimento del capitale sociale, strada percorribile solo in presenza di condizioni di bilancio che non c’erano. Su Marco Lanna e sulle sue specchiate intenzioni sono pronto a mettere la mano sul fuoco ma non possiamo pretendere che il presidente violi le leggi per salvare la squadra. L’altra strada, emersa più di recente, sarebbe quella di dividere la Sampdoria in due, una buona e una cattiva, e lasciare alla seconda tutti i debiti non sportivi. Sarebbe un bell’escamotage, se non fosse che così facendo si danneggerebbero moltissimi creditori, grandi e piccoli, tra i quali lo Stato, che ha garantito alla società tutta intera un corposo prestito attraverso la Sace. Non solo: privando la ‘bad company’ del titolo sportivo, si lascerebbe a quest’ultima nient’altro che un pugno di mosche in mano; sarebbe una società senza alcuno scopo, se non quello di avere frodato banche, fornitori e il Ministero dell’economia e delle finanze. E se anche di costoro non ci importasse nulla resta decisamente improbabile, al di là di vaghe rassicurazioni, che la giustizia sportiva possa accettare un simile pacchetto. Se non pagare mezzo mondo fosse così facile, lo farebbero tutti.

È per questi motivi che Edoardo Garrone non può limitarsi alle petizioni di principio: non basta dire alla professoressa “sono a disposizione per studiare la lezione” per prendere un bel voto. Bisogna rispondere alle domande! Lo stesso deve fare oggi l’ex presidente. Nessuno chiede di fare ciò che non è fisicamente possibile: la situazione si è spinta oltre i limiti gestibili anche da una famiglia facoltosa come la sua? Qualora fosse questo il problema, sarebbe il caso di dirlo.

Noi di Primocanale nel giugno del 2019 concedemmo ampio spazio a Edoardo Garrone: egli poté rispondere alle critiche dei tifosi e spiegare la sua posizione. Oggi, e lo abbiamo già detto, siamo nuovamente disponibili a farlo. Con una differenza: adesso la situazione è drammatica, nessuno, al di là delle buone intenzioni, è riuscito a evitare un disastro sportivo e finanziario. Il tempo, insomma, è poco. Ma per dire la verità a una tifoseria innamorata della propria squadra, non è mai troppo tardi.

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