Gentile onorevole Esposito,
la sua precisazione al commento del collega Nur El Gawohary in merito allo sbarco dal traghetto durante lo spolettamento della bomba nel porto di Genova, condita da fine ironia mista a qualche intrattenibile vena arrogante, mi obbliga a chiudere un caso dal sapore assolutamente estivo, perché tratta di fine-vacanze isolane, traghettata notturna, nostalgia delle belle giornate trascorse che volgono al termine e ansiosa voglia ( ragionevolissima) di volgere la prua dell'auto alle dolci colline di Moncalieri (restando nel suo collegio).
Domenica è stata effettuata una operazione di disinnesco di una bomba vera che un distratto Lancaster inglese depositò a perenne ricordo nel 1941 o '42, proprio a calata Bettolo dove stanno svolgendosi lavori strategici di ampliamento.
Il disinnesco di una bomba non è una passeggiata almeno per noi gente di mare. Non crediamo lo sia stata nemmeno per gli artificieri che l'hanno fatto la domenica mattina, né per gli altri militari che hanno sorvegliato l'operazione, né per gli addetti del porto e dell'aeroporto che hanno visto il loro lavoro aumentato e forzatamente modificato, né per il vice questore, né per il presidente del Porto, Luigi Merlo, né per il cortesissimo ammiraglio Angrisano che di nome fa Felicio, ma che ritengo nel momento in cui è stato da lei convocato sottobordo avesse i cabasisi roteanti (cfr. Montalbano-Camilleri).
E nemmeno per i cronisti e i tecnici di Primocanale che dalle 6 del mattino testimoniavano quello che accadeva, per un servizio pubblico che caratterizza la nostra emittente anche d'estate.
Francamente ci è parso un po' sopra le righe che un eletto dal popolo, di sicura fede democratica e di sinistra, dovesse indossare i calzoncini degli scout per difendere la folla accaldata dallo sbarco al sole.
Uno sbarco che è lento, quasi sempre, per motivi logistici che lei da buon eletto dal popolo, ancorché nel feudo d' Muncalé, dovrebbe conoscere.
Lei sicuramente non appartiene alla Casta e se c'è la sua partecipazione è del tutto involontaria.
Ma un comune cittadino non avrebbe mai chiamato il vice questore, né obbligato un alto ufficiale come Angrisano, meno Felicio del solito, a lasciare la centrale operativa per venirle a rendere omaggio alla fine della scaletta.
Si sarebbe informato, avrebbe ragionato, non sposando subito un' errata convinzione populista.
Fare il capopolo è un mestiere tutto italiano e nel passato qualcuno ahimé c'è riuscito. E oggi, in assenza di cultura politica qualcuno ancora ci riprova.
Resta la sua assoluta, incontestabile ragione nel non essere stato informato dalla compagnia di navigazione. E' un italico vizio: treni bloccati nelle notti invernali nelle steppe padane senza che dagli uffici del dottor Moretti esca un avviso. Viaggiatori abbandonati negli aeroporti. Automobilisti bloccati dalle nevi sui valichi.
Ma chiamare a rapporto un ammiraglio perché lo sbarco con l'auto, le pinne e gli occhiali è rallentato, sinceramente se non è da Casta ci si avvicina molto.
Sa che cosa mi ricorda? Una macchietta che, io col mio cognome sudista e forse anche lei con il suo, amo molto. Mi ricorda il titolo di un film: "Siamo uomini o caporali?".
Onore ai caporali s'intende. E agli ammiragli, felici o no di spolverare l'ultimo gradino di una scaletta per far scendere "l'onorevole Trombetta." (Totò se non sbaglio).
ps. Lasci le interrogazioni parlamentari ai casi più seri.
Politica
L'onorevole, l'ammiraglio, la Casta e una scaletta
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