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Tanto per dare un'idea sul tipo di produzione e di quanti vi abbiano lavorato dietro, basti pensare che i titoli di coda durano da soli una dozzina di minuti. Insomma, per 'The great Gatsby' non si e' badato a spese, si potrebbe dire: il film perfetto per inaugurare un Festival del cinema e su questo Cannes ha avuto ragione, nel segno del glamour. Che poi quella di Baz Luhrmann sia una pellicola riuscita, e' tutto un altro discorso e se e' vero che nessuno dei tre precedenti adattamenti del romanzo di Francis Scott Fitzgerald ha lasciato il segno sullo schermo un motivo pure ci sara'.


Eppure gli elementi per fare centro ci sarebbero stati tutti, a partire da un protagonista-simbolo come Leonardo Di Caprio (sufficiente) e dal grande amore di Gatsby, uomo misterioso e pieno di segreti, per la sua Daisy, prima amata, poi perduta e infine ritrovata troppo tardi, quando lei e' sposata con un altro uomo. E sullo sfondo ma neanche tanto un mondo rutilante ed eccessivo, opulento e amorale, l'altra faccia della medaglia, quella sgargiante, della New York del proibizionismo che il regista australiano immerge all'interno di un'atmosfera barocca e stilisticamente spregiudicata, ricca di un furore amplificato, come d'altronde e' solito fare, cui si aggiunge in questo caso l'uso non propriamente sobrio del 3D. Mettendo insomma il contenuto al servizio della forma. Ma non dovrebbe essere l'opposto? (Dario Vassallo)