politica

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Nessuna pietà. Gli alluvionati genovesi sono da considerarsi come tutti gli altri contribuenti: paghino e tacciano. Perché la proroga fino allo scorso 20 dicembre già l’avevano avuta. Di che si lamentano, dunque? Se un deficit non ha, il governo italiano, è quello del cinismo. A prova di vergogna. Attraverso Primocanale, vergogna è la parola che ho pronunciato per qualificare questo inqualificabile comportamento. Non rivendico una primazia, sebbene molti, troppi anche da scranni inappropriati, si sono poi accodati. Contesto la vuota ritualità politica che ha accompagnato tutta questa vicenda: dichiarazioni, mozioni di sentimento, ordini del giorno votati al Senato e alla Camera, “speriamo che…”, “confidiamo che…” e poi infinite e sterili lamentazioni postume. Lacrime da coccodrillo.

Nessuna pietà. Il che non significa solo uno schiaffo al dramma di coloro che hanno perso tutto e per rialzare la testa già si sono indebitati. E ancor più dovranno farlo, perché i Signori delle Tasse le loro gabelle le pretendono. Tutte e subito. Questa brutta storia, “che fa male” dice con parole semplici ma scolpite sulla pietra il cardinale Angelo Bagnasco, è un pugno allo stomaco dell’inconcludente, insipiente e incapace classe dirigente ligure. Una manciata di milioni da sottrarre, solo per qualche tempo sia chiaro, alle voraci fauci del fisco, è diventata un caso nazionale e internazionale.

“Se si fa con i genovesi bisogna farlo con chi lo chiede da altre parti d’Italia. E poi c’è l’Ue, pronta a colpirci se sforiamo il rapporto deficit-Pil”. In estrema sintesi è questa la giustificazione arrivata dai dintorni di Palazzo Chigi. Vittime di un totem maledetto, quel 3%, fissato a Maastricht e immutabile come tavole di ben altro lignaggio. E’ anche un comodo alibi, l’Europa cinica e bara dominata dalla cancelliera Angela Merkel. Alla fine è sempre e solo colpa sua, in spregio agli avi che più propriamente giunsero a una conclusione niente affatto superata: “Piove, governo ladro”.

Il problema è che la Signora di Berlino ha ragioni da vendere. E che pure in questa vicenda, come in tante altre, la colpa è nostra, tutta nostra. Forse il governo non ci ha capito niente. E se ci ha capito, come reputo più probabile, ha fatto orecchie da mercante. Perché ci vuole coraggio a dare ai genovesi ciò che non si può dare al resto d’Italia: questione di consenso. E siccome il coraggio se non ce l’hai non te lo puoi dare, come ben ricorda Alessandro Manzoni, così sia.

Nessuna pietà. Paghino e tacciano, gli alluvionati. Alla faccia del “cambiamo verso” e di tanti folgorati sulla via del renzismo. Complimenti al governatore Claudio Burlando, la cui capacità di persuasione nei confronti del premier si è smarrita, se mai è esistita, nel tramonto della sua parabola politico-istituzionale, da egli stesso decretata. Ma non praticata, visto che punta alla reincarnazione del suo sistema di potere attraverso la delfina Raffaella Paita. E complimenti ai ministri Andrea Orlando e Roberta Pinotti, che ad onta dei loro prestigiosi dicasteri – la Giustizia e la Difesa – evidentemente contano come il due picche dentro l’esecutivo. Almeno ci dicessero che lì, nella stanza dei bottoni, non conta nessuno, se non sua maestà Matteo. Invece no, fanno sapere che ci hanno provato eccome, ma che è impossibile. Carissimi tutti, ma fateci il piacere!

Nessuna pietà per gli alluvionati. Ma pure loro, e i cittadini insieme, non devono averne. Anche per la mia compagnia di giro, un’informazione prona e zelante nel raccontare le mirabili gesta di chi ha vergato ordini del giorno, mozioni e iniziative per difendere la causa. Li ho visti gli articoli, i titoli, le locandine dei giornali, i pezzi sui siti scritti con enfasi: “Governo pronto alla proroga”. Ma chi, ma dove, ma quando? Siamo diventati beceri megafoni di fandonie scientifiche, balle spaziali spacciate per verità quando bastava una telefonata a Roma per sapere davvero come sarebbero finite le cose. Tranquilli, non mi chiamo fuori. La classe dirigente è questa e i giornalisti ci sono dentro mani e piedi. Ma un po’ di schifo fatemelo almeno sentire.