"Non si tratta di un'evacuazione" dalla Libia, "ma è in corso una delle preannunciate operazioni di alleggerimento dei connazionali presenti nel Paese". E' quanto si riferisce alla Farnesina riguardo gli eventi in corso in queste ore in Libia. E' dal primo febbraio scorso che, con un warning particolare pubblicato sul sito www.viaggiaresicuri, la Farnesina ha "ribadito il pressante invito ai connazionali a non recarsi in Libia e a quelli tuttora presenti a lasciare temporaneamente il Paese", a fronte del "progressivo deterioramento della situazione di sicurezza".
L'ambasciata d'Italia a Tripoli ha sospeso le sue attività in relazione al peggioramento delle condizioni di sicurezza. Il personale è stato temporaneamente rimpatriato via mare. I servizi essenziali saranno comunque assicurati. Intanto è cominciato il rientro di una parte di italiani dalla Libia, visto il peggiorare della situazione sul terreno, con l'avanzata jihadista verso l'ovest del Paese.
"La chiusura temporanea della nostra ambasciata è avvenuta in modo tempestivo e ordinato e di questo ringrazio i responsabili della Farnesina e delle altre amministrazioni che hanno collaborato all'operazione. La chiusura si è resa necessaria a causa del deteriorarsi della situazione in Libia", così il ministro degli esteri Gentiloni.
In corso l'operazione di rimpatrio a bordo di una nave degli italiani residenti in Libia che hanno deciso di lasciare il Paese. La nave è salpata sotto la scorta della Marina Militare e la sorveglianza aerea di un Predator dell'Aeronautica. La nave dovrebbe fare scalo a Malta, per rifornirsi di carburante. Quindi proseguirà la navigazione verso la Sicilia: allo stato il porto di destinazione dovrebbe essere quello di Augusta (Siracusa).
C'è anche Bruno Dalmasso, originario di Bordighera ma da anni residente in Libia, tra gli italiani che lasciano la Libia in seguito all'avanzata dell'Is. Dalmasso, 82 anni, da oltre 40 anni vive nel paese nordafricano e da anni è custode del cimitero italiano, che custodisce i resti di oltre 6mila persone. In passato si era sempre rifiutato di lasciare il Paese, anche nei momenti più difficili del dopo-Gheddafi, ma questa volta la scelta di tornare in Italia sembra l'unica possibile. Con la moglie e un cinquantina di connazionali si è imbarcato sulla nave diretta ad Augusta.
"L'Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell'area, europei e dell'Africa del Nord, per fermare l'avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste. Se in Afghanistan abbiamo mandato fino a 5mila uomini, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l'Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente". Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, intervistata dal Messaggero, dice: "Ne discutiamo da mesi, ma ora l'intervento è diventato urgente". "Mezzi, composizione e regole d'ingaggio li decideremo con gli alleati in base allo spirito e al mandato della missione Onu", spiega.
"In Libia, eliminato il tappo Gheddafi, le tensioni sottostanti sono esplose", aggiunge, e ora "bisogna fare come nei Balcani, dove per scongiurare la bonifica etnica abbiamo invitato decine di migliaia di uomini e abbiamo contingenti dopo vent'anni per stabilizzare territorio". Quanto al potenziale del Califfato, qualche mese erano stati stimati 25mila combattenti, ora secondo il ministro "potrebbero essere 30mila o anche più", e sugli armamenti ricorda "i momenti d'ombra" sulla sorte della armi di Gheddafi. Quindi il ministro precisa che "ogni decisione e passaggio verrà fatto in Parlamento. Giovedì il ministro Gentiloni fornirà informazioni e valutazioni".
Il governo italiano entra ufficialmente nella lista dei nemici dello Stato islamico (Is), che ha definito il ministro degli esteri Paolo Gentiloni "ministro dell'Italia crociata". L'edizione del giornale-radio di al Bayan, l'emittente che trasmette dalla capitale dell'Isis in Iraq, afferma che Gentiloni, "ministro degli esteri dell'Italia crociata", "dopo l'avanzata dei mujahidin in Libia ha detto che l'Italia è pronta a unirsi alla forza guidata dalle Nazioni atee per combattere lo Stato islamico". L'espressione "Nazioni atee" in arabo è un riferimento implicito alle Nazioni Unite: le due espressioni in arabo sono molto simili.
Dopo alcune radio e tv, a Sirte l'Isis ha preso possesso anche dell'ospedale "Ibn Sina". Lo riferiscono media libici. Un "convoglio militare" con bandiere dello Stato islamico ha circondato l'ospedale difeso dalle milizie islamiche del "Central Libya Shield" e hanno ottenuto lo sgombero del nosocomio. I pazienti sono stati portati a Misurata, dove è basata la milizia, e sull'edificio sventolerebbe ora la bandiera nera dello Stato islamico ma l'informazione non è confermata.
"Violenti scontri" fra guardie di impianti petroliferi e "gruppi armati appartenenti all'Is" sono stati segnalati attorno al giacimento di Al Bahy, a sud-ovest del terminal costiero di Sidra (nel centro del Golfo della Sirte). Lo ha riferito un anonimo ufficiale delle Guardie petrolifere, precisando che l'attacco dell'Is è iniziato ieri sera e proseguiva ancora stamattina. I jihadisti attaccano l'impianto da tre lati, anche a colpi di mortaio. Sono andate a fuoco "cisterne di greggio".
"L'Italia è minacciata dalla situazione in Libia, a 200 miglia marine di distanza". Così il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha commentato le "notizie allarmanti" sulla presenza dell'Isis a Sirte. "Se non si trova una mediazione" in Libia, ha aggiunto, bisogna pensare "con le Nazioni unite a fare qualcosa in più". E l'Italia, ha sottolineato il capo della diplomazia italiana, è "pronta a combattere in un quadro di legalità internazionale".
Appello a lasciare il Paese - L'Is avanza in Libia e l'ambasciata d'Italia a Tripoli invita i connazionali a lasciare "temporaneamente" il Paese. Alla Farnesina si sottolinea come la situazione della sicurezza si stia progressivamente aggravando a causa dell'avanzata dei miliziani jihadisti. Già presenti in Cirenaica, gli affiliati allo Stato islamico hanno di recente preso di mira Tripoli e rivendicato l'attacco kamikaze all'hotel Corinthia del 27 gennaio. Durante il quale sono morti almeno 5 stranieri.
La conquista di Sirte - Ieri alcuni account Twitter riconducibili all'Isis avevano annunciato l'uccisione di 21 copti egiziani rapiti all'inizio di gennaio a Sirte, mostrando alcune foto. Ma la notizia non era stata confermata da fonti ufficiali. Trova invece diverse conferme la conquista, da parte dell'Isis, di alcune tv e radio locali sempre a Sirte. Da dove i miliziani dello stato islamico, secondo fonti libiche, hanno trasmesso un discorso del loro capo, il califfo Abu Bakr al Baghdadi.
Prosegue l'esodo dei migranti - Intanto prosegue l'esodo dalle coste libiche. Sono circa 700 i migranti soccorsi nelle acque davanti alla Libia dai mezzi della Guardia Costiera italiana e da alcuni mercantili, dirottati in zona dalla centrale operativa di Roma. I migranti viaggiavano a bordo di 7 gommoni: tre sono stati soccorsi da Nave Fiorillo delle Capitanerie di Porto, altri tre dal mercantile Belle battente bandiera maltese, che sta ultimando le operazioni di trasferimento a bordo dei migranti, e uno dal mercantile Gaz Energy.
L'Eni rassicura: presenza lavoratori limitata - L'Eni ha voluto rassicurare sulla sicurezza dei propri dipendenti: "La presenza di espatriati Eni in Libia è ridotta e limitata ad alcuni siti operativi offshore, garantendo in collaborazione con le risorse locali lo svolgimento regolare delle attività produttive nell'ambito dei massimi standard di sicurezza", ha riferito un portavoce del 'Cane a sei zampe'. "Eni continua a monitorare con estrema attenzione l'evolversi della situazione", hanno sottolineato dalla società petrolifera.
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