cronaca

La femme fatale è un'avvenente signora di 72 anni
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 Quel matrimonio non s'aveva da fare non per gelosia ma perché dietro c'era una circonvenzione di incapace. A recitare la parte del bravo di manzoniana memoria è il gup Massimo Cusatti che ha rinviato a giudizio il parroco di Boccadasse, insieme ad una avvenente signora di 72 anni, Maria Gabriella Radaelli, il figlio di lei e la fidanzata. L'accusa è di circonvenzione di incapace.

La vittima era un uomo di 93 anni, Carlo Gian Battista Bianchi Albrici, imprenditore milanese ma trapiantato a Genova. L'uomo si ritrova, ancorché quasi morente, sposato con la donna di 72 anni e a congiungere i due, in fretta e furia e nel cuore della notte, è proprio il prete della parrocchia di Sant'Antonio.

Testimoni il figlio della 'sposina' e la sua fidanzata. In questa maniera, la settantenne sarebbe diventata erede dell'impero milionario dell'imprenditore. Il raggiro viene scoperto dal figlio di Bianchi Albrici che impugna testamento e denuncia la matrigna. Nel frattempo, sul tavolo del pm Gabriella Dotto, arriva una seconda denuncia.

La figlia del cattedratico ortopedico Francesco Pipino (famoso per avere disegnato, tra l'altro, l'anca di papa Woityla), denuncia la Radaelli, accusandola di essere diventata l'amante di Pipino, mentre stava già con Bianchi Albrici, e di essersi fatta intestare case e conti milionari. Secondo la figlia di Pipino ci fu, anche in questo caso, una circonvenzione di incapace.

La femme fatale ha sempre sostenuto di essersi sposata per amore. Anche il prete aveva sostenuto di avere unito in matrimonio una coppia innamorata. Ma secondo il giudice, dell'amore non ci sarebbe stata nemmeno l'ombra. Tutti, è la sintesi delle motivazioni, dovevano accorgersi che il miliardario era più morto che vivo e non era in grado di intendere quel che stava succedendo.