cronaca

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Ci vorrà tempo per dare un giudizio puntuale sulle norme inserite nel decreto approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri. Ha ragione il premier Conte quando, per giustificare i ritardi nell’approvazione, prevista nel mese di aprile,sostiene che questo decreto per risorse impegnate vale due leggi di bilancio. Hanno ragione i suoi critici quando affermano che questo decreto non può garantire il rilancio dell’economia del nostro Paese.


E’ piuttosto un decreto omnibus che contiene norme in tanti diversi settori; un decreto che movimenta cospicue risorse in un logica però simile a quella del Milleproroghe, quando dopo estenuanti trattative si cercava un accordo fra i gruppi parlamentari facendo ricorso anche alle norme – mance. 256 articoli in 495 pagine sono un esercizio difficile per i non addetti al lavoro.

Sul piano degli indennizzi e dei risarcimenti il decreto andrà migliorato, anche se va dato atto di un intervento che cerca di riparare i danni subiti da una vasta pluralità di soggetti colpiti dalla pandemia. Purtroppo però manca nel decreto un strategia di politica economica e produttiva.

Non ci sono misure davvero strutturali per l’economia, non si individuano scelte e meccanismi che possono aggredire nei fondamentali i problemi della produttività.della competitività,dell’innovazione, del debito pubblico. Problemi questi ultimi non risolvibili con il reddito di cittadinanza o il reddito di emergenza.

Il Governo ignora che sul piano della competitività e della crescita l’Italia, prima di essere travolta dal corona virus, era in fondo alla classifica tra i 27 Paesi della UE. Il Decreto potrebbe meglio chiamarsi “decreto risarcimento “ come ha suggerito proprio oggi un noto economista editorialista. L’enfasi con cui è stato presentato in conferenza stampa mi suggerisce un paragone.

Questo decreto muove risorse di tale entità mai accaduto nel passato …” dice il Premier Conte. In punta di verità, vorrei dare testimonianza, da Sottosegretario al Ministero del Bilancio in allora, ricordando e difendendo il Governo Amato che nel 1992 fece una manovra di identica portata (90.000 Miliardi di lire) con cui salvò l’Italia inserendo nella Finanziaria di allora (lacrime e sangue) ben quattro riforme strutturali: la riforma delle pensioni la riforma della sanità la riforma del pubblico impiego la riforma della finanza locale.

Quella manovra approvata dal Parlamento con otto voti di fiducia contribuì a far uscire il Paese dalla crisi e pose le premesse per un vero rilancio economico e produttivo.