Cronaca

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Si erano lasciati nel marzo del 1943. Avevano diviso la fame e gli stenti. Poi le vicende della guerra li aveva divisi. Inutilmente si erano cercati per anni. Ora si sono ritrovati. "Per me Salvatore è il fratello che ho tanto sperato di rivedere in questi anni e che finalmente ho ritrovato, avendolo pensato morto, dopo 66 anni". Così Salvatore Amodio, pensionato di Savona, ha commentato l'incontro avvenuto a Corbara (Salerno), con Giacomo Boni, da Supino (Frosinone). Il primo, dopo un breve periodo di permanenza alla scuola sottufficiali di Rivoli (Torino), fu inviato sul fronte balcanico; il secondo fu trasferito in Tunisia dove venne fatto prigioniero degli inglesi e poi dei francesi. Si conobbero nella caserma Passalacqua di Novara, dove arrivarono reclutati nel 54° fanteria Sforzesca nell'autunno del 1942. Amici per la pelle fin da subito, condivisero la vita di giovani alle prese con la guerra. Durante la libera uscita andavano sempre inseparabili a cercare qualche tozzo di pane, o qualche frutto, presso famiglie della zona, o in negozi di ortofrutta. A distanza di tanti anni, a cercare Salvatore è stato il figlio di Giacomo, Franco, che dopo averlo cercato invano sull'elenco dei caduti del Dodecaneso dove Giacomo riteneva fosse finito il suo amico, lo ha poi trovato scrivendo una mail al sindaco di Corbara, Salvatore Pauciulo. La cittadina di Corbara, infatti, ha ospitato Salvatore per quasi 40 anni, fino al 1963, quando si è trasferito a Savona. "Sono stato in Tunisia - ha spiegato Salvatore durante la cerimonia in Comune -, ho lavorato in miniera a 330 metri di profondità, ho lottato contro la malaria che ha rischiato di uccidermi". A Giacomo Boni, liberato dai Titini in Croazia, dove era stato fatto prigioniero dopo l'8 settembre 1943, è andata meglio: "Fui accompagnato al confine italiano - ha raccontato - e di qui riparai a Monfalcone dove fui ospite di una famiglia della zona fino al mio rientro a casa il 5 maggio 1945".